domenica 14 ottobre 2012

Magnetofono viaggiante/29

Intercity 662 Pavia-MiCentrale 10.25-10.50
Orio transfert delle 11.45
Volo BG-AHO h.14.40-16.05

Ricominciare
Sapevo da subito che sarebbe stato un errore l'intercity per milano. No, non parlo dei 7.50€ per la tratta, che neanche una Bugatti brucia tanto, ma per la costrizione nei soliti bugigattoli a 6 dove sempre, e dico sempre, qualcuno pesta i piedi, qualcuno telefona e qualcuno puzza. Stamattina alle costanti di cui sopra si aggiunge una novità: la conversazione sociologico-ambientale su una massa d'acqua non bene identificata di un marrone rossiccio non bene identificato in una cisterna non bene identificata. Si sa che l'uomo è un animale curioso e votato alla sete di conoscenza, ma troppo poco incline al "so di non sapere", dopo un tale greco (di cui tra l'altro non è certa l'esistenza e che, in ogni caso, ha fatto una brutta fine). Insomma, davanti a tanti "non identificati" parte lo spirito da CSI. Marito e moglie, dall'aria di manager abbastanza importanti da permettersi di arrivare a Milano alle 11 di lunedì mattina:
Lei: Chissà che cos'è... Ma secondo te ha a che fare con l'acquedotto?
Lui: va bene tutto, ma figurati, dai!
Lei: è che ci sarà qualcosa di fuso dentro... Magari sono fanghi per le cure di bellezza...
Lui: migliaia di litri???
Lei: beh, se distribuiscono in tante beauty farm...
Lui: secondo me è un depuratore e quella è... Hai capito...
Lei, delusa: no, adesso faccio una foto, la posto pubblica su Facebook e chiedo cos'è! Scommettiamo che qualcuno lo sa?!

Mantenendo la nostra costante ignoranza, arriviamo finalmente a Milano Centrale e posso andare a prendere il bus per Orio. Siedo pregustando un po' di Skunk Anansie e il panino al salame di mamma, quando un gruppo di liceali mi attornia. Sono indecisa se spostarmi o sfoderare i miei occhiali da prof dalle proprietà migliori dell'aglio per i cullen, quando l'inizio di una conversazione mi convince a restare ferma e immobile da pianta finta, per origliare meglio... Nota a margine: sono tre ragazzine di 15-16 anni.
Prima, con l'aria di sufficienza si chi la sa lunga: io glielo avevo detto che in acqua non si può fare...
Seconda: no? E perché?
Terza: ma sì, l'abbiamo studiato, qualcosa di fisica...
Seconda, ridacchiando: la spinta di Archimede? Uahahah, anche se forse...
Prima: non scherzare, guarda che lui ci ha provato in tutti i modi, ma non c'era verso...
Seconda: vabbè, chiaro, entra l'acqua, mica può entrare anche lui...
Terza: bella ciulata i film allora, sono sempre in queste vasche giganti...
Prima: ma fa passare pure la voglia, troppa fatica e poi mi sbucciavo le ginocchia...
Seconda: ma hai tolto il tappetino antiscivolo dal fondo?
Silenzio e lieve rossore.
Seconda: ahah più che pensare alle tue ginocchia pensa alle sue chiappe!!!!

Dite che il massimo volume dell'mp3 riesce a sconfiggere simili perle erotiche? Perché il rischio, poi, è di scrivere un nuovo capitolo di 50sbavature...

Contraddizioni in termini #AlgheroFertilia
Chicca finale di una coppia Sandra-Raimondo che ha condiviso il passaggio a Sassari da Fertilia.
Raimondo: abitiamo in zona del museo Sanna, ha presente? Con questo non voglio dire di aver sposato una cariatide...
Come non amare l'ironia tra sposini da 40 anni insieme? E fanno pilates 3 volte a settimana, uno di fronte all'altra. Non aggiungo altro, o anche il mio cinismo si commuove.

giovedì 11 ottobre 2012

Magnetofono antelitteram/28


Ci sono pezzi scritti mesi fa che hanno tutta  (e dico tutta) la natura del magnetofono, ma non avevo ancora avuto il coraggio di trovare un'identità... Ve li propongo in "magnetofono antelitteram". Questo è uscito su CriticaLetteraria.org nella rubrica CriticaLibera, un sabato un po' svagato di giugno 2012, durante un mio convegno a Messina.


Conference fever

Premessa: questo pezzo serve da spauracchio. Mentre lo scrivo, sto aspettando la mail col responso su una mia proposta d'intervento per l'ennesimo convegno del 2012. Perdonate i possibili cambiamenti repentini d'umore. Si astengano dalla lettura gli ansiosi, i nevrotici (e i moralmente retti). 

Convegni, questi sconosciuti. Sulla mia pelle lo dico: cambia sensibilmente prima e dopo la laurea. 

PRIMA (La febbre da cavallo, anzi, da asino) - Finché sei studente, i professori amici-di, colleghi-di (avversari-di, amanti-di, aspiranti-amanti-di) ti invitano caldamente a partecipare per mail, per telefono, nel corridoio, in coda in mensa... Se sono magnanimi, per farti resistere un intero pomeriggio inchiodato a una sedia in finta pelle, mentre fuori impazza una di quelle primavere terse-calde-piacevolissime (1), ti fanno promesse che non puoi rifiutare: una firmetta sul registro all'ingresso, una in uscita, e ti conquisti qualche credito! Si sa, la vita universitaria negli ultimi cicli di riforme è un sistema eliocentrico attorno al sole dei CFU: credito qui, credito là, o non passi l'anno. 
E allora ti inchiodi alla sedia, armato di Gatorade per resistere, le sigarette in tasca come valida scusa per una pausa (oltre al bagno, alla telefonata improvvisa, allo sconosciuto che passa fuori dalla finestra ma che sembra proprio il tuo migliore amico partito per il Kazakistan dieci anni fa...). All'inizio, sei tra i tanti che stropicciano tra le mani il pieghevole con il programma, passi e ripassi i nomi in scaletta, sperando di incontrarne almeno uno che conosci: ecco, un tuo prof, magari quello stronzo che ti ha bocciato all'esame, ma in quel momento diventa una rassicurante copertina di Linus. Almeno, sai più o meno prevedere di cosa parlerà, come lo dirà, se sarà stressante,... Per il resto, un elenco di sconosciuti. 
Provi a chiedere al tuo vicino di poltrona, così, per far conversazione, e poi è anche bellino, ma metà delle volte ti trovi uno più disinformato e menefreghista di te; l'altra metà delle volte, ahimé!, l'iper-informato. E forse è peggio. Perché ti attacca pure i sensi di colpa: parte in una filippica su tizio e caio, ti elenca la bibliografia di tutti, compreso del professore ordinario che pubblica dodici saggi al mese, e fa quell'odiosissimo sguardo con l'alzata di sopracciglia del tipo: davvero non li conosci?
Avvolto nell'improvvisa consapevolezza che fai pena, che ci metteresti un pomeriggio anche solo per studiarti il cv. di tutti quei professori, ti ritiri in un silenzio di finto raccoglimento e tanta fustigazione. Per dissimulare quell'inquietudine vaga che ti lancia in un abisso di mea culpa, di autoanalisi di momenti divertentissimi che avresti potuto impiegare per acculturarti (ma quando mai?), apri l'agendina o il quadernetto e intesti con la tua Bic la prima pagina: titolo del convegno, data, luogo e magari anche una bella sottolineatura, come per dire: ecco, da qui non mi schioderò tutto il giorno, ma imparerò tanto, tantissimo... Illuso! Ancora ignori che sono pochi i convegni (o seminari o conferenze) realmente UTILI, pochi quelli in cui i relatori si sono strappati i capelli per portare davvero gli ultimi risultati della loro preziosa ricerca non ancora pubblicata, moltissimi quelli che sposano le teorie del riciclaggio e ripropongono, per amore dell'ambiente (2), un contributo aggiornato (3) di una fondamentale ricerca da loro condotta trent'anni prima (4). Se tu sei giovane e senti per la prima volta questi argomenti, magari ci prendi anche appunti, ti esalti un attimo, almeno finché non controlli perché il tuo vicino secchione sta a braccia conserte senza prendere un minimo appunto. Qualcosa non va, pensi: sono più in gamba di lui? Sta pensando alla partita del Real Madrid mentre io corro con la penna a tempo di record? Poi lui ti guarda, e noti tutto il risentimento della sua occhiataccia; scuote la testa, in cenno di disapprovazione e commenta: "Questo saggio è contenuto nel volume miscellaneo del 1975, mah sì, quello curato da XY, è indecente che ancora lo ripropongano... Nel frattempo le ricerche americane hanno trovato che asdfnajklsn clan scdas..". E non lo ascolti più. La delusione è tanta. Chiudi l'agenda, guardi fuori dalla finestra la primavera di cuccaggio a cui stai rinunciando, ti attacchi al Gatorade, presto uscirai con la scusa del bagno-telefono-amico e controllerai il perfetto funzionamento del tuo orologio al quarzo. Tanto, lo sai, ancora cinque o sei ore e avrai i tuoi CFU...
I laghi salati di Ganzirri (impepata di cozze super!)

Reggio da Messina, senza ponte (che è meglio!)

DOPO (La febbre del Sabato Sera) - Se già sembra un mondo crudele, aspetta di vedere cosa succede dopo. Perché laureato e magari dottore di ricerca, assegnista o sa-Dio-cosa, la questione si complica e non hai neanche più la grande scusante dei CFU. Partecipi tua sponte, e parte la febbre. All'inizio sai che ti serve, perché hai quel cv. immacolato che scatena l'horror vacui anche nell'uomo del Duemila. Allora ti cerchi qualche convegnucolo, il primo che capita, non troppo grande per non spaventarti, meglio se con sessioni parallele (dunque, qualche centinaio di altri convegnisti, pochi ad ascoltare, al massimo cacciatori di CFU distratti,...), e vai. Fin da subito, però, capisci che qualcosa non funziona come l'avevi immaginato. Innanzitutto, aspetti quel "sì, vieni" in risposta dagli organizzatori come se fosse la proposta di matrimonio più allettante della tua vita: mail sempre aperta, refreshing ogni cinque minuti (facciamo tre), caffé alternati a camomilla e la stanza tappezzata di post-it che ti ricordano possibili riferimenti bibliografici (5), scalette disegnate anche sul piano della scrivania, e quei palmi delle mani sudaticci ogni volta che pensi "E se mi prendono e faccio una figuraccia?". Ecco, a questo punto lasciatelo dire: stai entrando nel pieno della patologia del convegnista, la febbre si avvicina... 
Poi ti prendono (mediamente ti prendono sempre in Italia, se il convegno è nazionale e con tanti posti, se i soldi per lo squallido buffet bastano e le tartine possono durare tre giorni in più, allora allungano le giornate, e via), e parte la follia. Ti senti investito della responsabilità più grande del mondo, sulle tue spalle l'idea che col tuo modesto contributo alla ricerca potrai cambiare quel che all'estero pensano dell'Italia, farti valere per la tua famiglia, la tua università, per il tuo sistema scolastico, per il Ministero della Ricerca, per... E sei già svenuto una prima volta. 
L'adrenalina ti fa partire a scrivere, cancelli e riscrivi, un lavoro di cesello fino a cinque minuti prima di partire. Trucco, parrucco e abito se sei donna; doccia (forse) e cravatta se sei uomo (6). Se è la tua prima volta, preparati: proverai ondate di simpatia per chiunque si interessi a te e alla tua ricerca, sarai investito da un trasporto quasi fisico verso ricerche altrui bellissime-geniali-comehofattoanonpensarci... Poi viene il tuo turno: mani sudate, ma recuperi la voce stentata dopo il primo gracchiare nel microfono. Pensi che tutti siano lì per te, breve delirio di onnipotenza che dura 15/20 minuti al massimo (tempo del tuo intervento - 7), e provi una felicità delirante quando ti applaudono. Vorresti fare il modesto, dire un "Via, ci mancherebbe" ai complimenti e invece... te lo godi! E qui, mentre stai per sederti e sentire il pezzo successivo, sai che la febbre è arrivata. Contagiato. Senza aspettare, ti colleghi dallo smartphone per vedere se ci sono altri convegni in giro, e persino un pezzo su un microorganismo importato dal Pakistan ti provoca immediate ispirazioni (poco importa che tu faccia scienze politiche o filologia greca). Pensi a quanto sarà bello andare a un altro convegno, conoscere tutti quegli entusiasti (li vedi così per i primi anni, poi mi assicurano che passerà), hai l'utopia che sia tutto ammantato di pura ricerca e velleità scientifiche... 
Poi arriva la cena comune. Di-sa-stro-sa. Crollano tutte le illusioni. Sì, perché i soliti guastafeste, più vecchi e disillusi, ti rivelano che Babbo Natale non esiste: che le cene dei convegni sono un'occasione per rimorchiare, che i complimenti sono spesso a denti stretti tra colleghi che non si sopportano, che le critiche si sprecano appena giri la schiena, che la domanda "Ma con chi ha studiato?" è tra le più pericolose in assoluto. Non ci credi, non ci puoi credere. La tartina con la maionese riciclata da tre giorni si fa amara nella tua bocca: ma non è il gusto, il problema, sono gli ingredienti che credevi davvero fossero diversi. Poi, però, sul tuo regionale scasso, con un libro sulle ginocchia, provi a fare un bilancio tra pro e contro, ti imponi di rimanere freddo davanti a quel bellissimo convegno proposto a Canicattì, dove serviranno ben tre giorni e due aerei per arrivare, e... via col Call for Papers. Ti pare, lo sai, che chiamino proprio te. E allora rispondi, ancora e ancora, e diventi una pallina da flipper per la penisola e oltre, ogni volta pronto a esaltarti e a farti deludere un poco, ogni volta entusiasta di portare un piccolo contributo alla ricerca, ogni volta armato di rimedi contro le tartine amare. 




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(1) le prime gonnelle in giro, i primi bicipiti un po' bianchicci ma scoperti dopo tutta la palestra invernale, i primi gelati perché tanto c'è il sole, i libri aperti/all'aperto che si chiudono con dentro qualche moscerino-ricordo, l'aperitivo tra una pagina e l'altra, un altro aperitivo tra una pagina e l'altra, e quel ragazzo che fa sicuramente giurisprudenza, ché porta il doppiopetto anche col caldo...
(2) leggasi: amore dell'ambiente umido e adagiato delle loro sinapsi a riposo e per non affaticamento degli ingranaggi inventivi.
(3) si sa, da Word 2003 a Word 2007 cambiano notevolemente i layout.
(4) quando il loro professore ancora era vivo e li bacchettava, o quando i bambini di notte non dormivano e l'insonnia faceva il resto
(5) improbabili, tanto capillari da calmare l'ego dell'improbabile saggista preso da un'improbabile casa editrice o rivista per un improbabile articolo...
(6) Le differenze si sentono, e non si parli di parità dei sessi in queste occasioni: persino le femministe più convinte si agghindano da matrimonio.
(7) Spesso che accade? Hai viaggiato un giorno intero per andare in loco, pagandoti b&b lugubri per risparmiare (o per far risparmiare l'ateneo, se ti rimborsano), per una decina di minuti di gloria, e poi ripartire con un regionale che fa tutte le fermate e ti dovrebbe far riflettere sulla poca pragmaticità del tutto... (Mediamente lo realizzi dopo cinquant'anni di servizio, me lo dicevano dei professori che conosco, ormai in pensione)

sabato 6 ottobre 2012

Magnetofono amicale/27

In vino veritas. 

Raccolta di citazioni da serate come tante altre, da amici NON come tanti altri:

Single o coppie potenziali




CINISMO PSEUDO-AMOROSO
Per uno #Stintino
  • Attese da dichiarazione: "Un tempo si aspettava la partenza per la guerra perché si dichiarasse. Oggi si aspetta che si inciucchi".
  • Single non per scelta ma reoconfesso: "Cosa vuoi? Pensavo di sposarmi, ma poi ho visto che ci sono offerte ottime all'Ikea anche se non sei in coppia".
  • Disillusa? No, lei dice realista: "Non si tratta di fare confronti con gli ex. No, perché i miei ex erano tutti degli stronzi, eh?, dei Siffredi ma stronzi. Qui, proprio il confronto non sussiste, in nessun campo". 
  • L'innamorata pazza: "Va bene che i suoi gli stanno restaurando una villa da tre milioni di euro, ma io mi dico: se è amore, non dovrebbe interessarmi, no?". Alla richiesta di spiegazione sull'uso del condizionale, affoga i pensieri nel suo Manhattan... 


DA: I PEGGIORI TENTATIVI DI FLIRT DEL 2012 (andati ovviamente buchi):
Long straight on
  • L'indeciso: "Sai, dopo tutto potrei anche tenerti". 1- dopo tutto che? Dopo che mi hai contato i punti neri e li hai raffrontati alla coscia da vichinga mignon? Dopo che mi hai sentito parlare di Corrado Alvaro e premi letterari per un'ora? 2- Tenermi? E dove, come? In ghiacciaia per le occasioni di malinco-ormone? 
  • "Mi ricordi così tanto la mia ex...". Dammi il suo numero, almeno la avverto e le spiego con che razza di potenziale maniaco-seriale è uscita...
  • Su Facebook, dove si vede perfettamente dalle mie info che sono italiana e vivo tra Pavia e Sassari: "Hi, I'm from Tokio: I'm wondering... Where did I met you? Probabily in that exciting party at Mary Jane's? Let me know". Mio caro amico dagli occhi stiracchiati, 1-ma cosa ti fa pensare che fossi a Tokio per una festa? 2-cosa dà Mary Jane ai suoi ospiti da bere e fumare? Complimenti, deve essere parecchio prodiga...
  • Detto a una festa in piazza, dopo esattamente 8 minuti di conversazione: "Oh abiti anche tu qui in Sardegna? Io sono di Cagliari... 230 km? Cosa vuoi che siano? Al massimo vengo lì e mi ospiti tu". Mi sembra ovvio (il vaffa' successivo). 
  • Tenere il segno
  • Il colto in spiaggia: "Oh, stai leggendo un libro in inglese... Che brava. Anch'io per un certo periodo ho letto dei libri in inglese, sai quelli che hanno l'editore con il gatto, in basso?". Spero di sbagliarmi: "La Black Cat?". "Oh, sì, ma poi ho smesso c'era da impegnarsi troppo...". Bene, bravo, metti NO. 

MISUNDERSTANDING (al primo sguardo, anzi peggio):
  • "Fai filologia moderna... cioè?... Oddio, libri?"
  • "Buongiorno... Oh, no, buonasera scusa, è che mi hai rischiarato" (WTF!)
  • "Ma sotto quel vestito lì metti il perizoma?" (o sei gay o sei al limite della coprolalia per quanto mi riguarda. 
  • "Scusa, credevo fossi la mia ragazza" (dopo aver controllato con la destra la sodezza della mia natica sinistra. Ballare ok, ma senza neanche la scusante del buio?!??!).
  • "Aspetto con ansia le elezioni, sai, secondo me torniamo alla monarchia ormai. Mia nonna ha anche tenuto una bandiera dei Savoia...". Che culo.
  • "Ma col lavoro che fai pensi di diventare una scrittrice come quella lì di Twilight?". Promessa di morte. 


Scultura moderna di vestiti da spiaggia. Soli.

domenica 23 settembre 2012

Magnetofono istruito/26

Sono io, non è la mia comparsa
Meditare la fuga
Avete mai provato la sensazione inebriante di organizzare un congresso? Bene, vi assicuro che bisogna armarsi di tanta pazienza, volontà, misericordia e tutte le altre qualità (cristiane e non) che potreste infilare in un libro didascalico post-tridentino. Ma, a parte questo, se avete un po' di cinismo, collezionerete una serie di esperienze irripetibili, prima e dopo, con cui controbilancerete gli incontri frustranti con chi non capisce che siete dottorandi di ricerca, ma vi tratta come l'ultimo barista nei peggiori bar di Caracas. 
Vediamo cosa posso dire... [premessa: visto quanto è accaduto di recente tra Carofiglio e Ostuni, temendo le possibili requisitorie degli italianisti, dichiaro fin da ora che ogni nome è del tutto casuale. Non si dica lo stesso dei fatti o, quel che è peggio, delle parole o dei pensieri, ma almeno in questi vorrei conservare un po' di sana libertà].
Mettetevi comodi. 

LA SAGA DELLE PUBBLICHE RELAZIONI
Il dramma parte da come si scrive a una segreteria organizzativa:
#PortoFerro. Quel che rasserena
  • "Gentile Segreteria, [...] La saluto caramente" ---> modello di Segreteria antropomorfa post-dannunziana. 
  • "La presente è per... [...] firma" ---> modello Walker-Texas-Ranger. Non saluto perché io non devo niente a nessuno... 
  • "[...] ho già scritto per sapere se c'è un videoproiettore. E' molto importante per me avere un videoproiettore o dovrei fare fotocopie a colori" ---> il dramma di chi prende 5.000 € al mese è fare 30 fotocopie a colori: ricordiamocelo, Zio Paperone ha salvato così la numero 1
  • "Sono vegetariana e vorrei sapere se posso partecipare ugualmente alla cena sociale" ---> partecipare è un diritto; visto che la cena si svolgerà in un agriturismo in cui il pezzo forte è il porcetto al latte, vedi tu se la tua quota di 35 € è ben riposta.
  • "Non riesco a trovare un aereo per arrivare in Sardegna. Mi può consigliare vie alternative?" ---> mio /a caro/a, esiste Skyscanner, grazie a Dio!, ma sono in una giornata d'espiazione per un peccatuccio non proprio veniale [sic] e dunque ti cerco tutte le possibili soluzioni dalla tua università, salvo poi ricevere la seguente risposta: "La ringrazio, ma non sono a (nome dell'università);  in realtà io vivo a XYZ e non ho la patente per raggiungere un aeroporto. Ha altre idee?". A parte segnarti, raccomandarti a tutti gli dei e fare l'autostop, non credo che dal tuo paese di XYZ (sito in alta montagna) partano traghetti...
  • "Soffro di problemi di ritenzione idrica. Vorrei sapere se in Sardegna vendono un'acqua in bottiglia consigliata e se ne posso trovare una cassa in hotel". ---> 1- sei una donna, benvenuta nel mondo della cellulite (tanto per chiamare le cose col loro nome); 2- siamo in Sardegna, non in Ruanda; 3- non sapevo che avessimo per ospite Madonna. 
  • "Porterò una chiavetta USB con un pdf da proiettare. Vorrei sapere se il vostro videoproiettore ha l'ingresso USB o devo procurarmi una riduzione internazionale". ---> Cosa?
Ma il meglio riguarda le love stories, di cui tanti mi avevano parlato. So la solita storia che tanti professori universitari, poco inclini alla monogamia, insaccano la loro sacra fede nuziale in tasca, ma ho sempre pensato che fosse per proteggerla dai rischi del metal detector, o perlomeno, per evitare in una giornata di sole, di accecare il relatore con il riflesso di cotanto oro... Bene, quando prenoti stanze, sappi che dovrai fare come le famose scimmiette di Rousseau, o almeno come NonVedo e NonParlo. Per NonSento, senti pure, ridi tra te e renditi conto di quanto l'età non c'entri nulla con gli intrighi amorosi o scop... Scoperte passionali... 

TELEFONATA #1: (dopo 10 giorni a chiamare un numero e a trovare sempre la segreteria telefonica)
Io: Scusi Professoressa, vorrei segnalarle che al (tal orario) non ci sono voli previsti su Alghero. Sia noi che il nostro autista siamo preoccupati, non vorremmo che perdesse il volo...
Prof.1: No, è che... Io sono già in Sardegna da alcuni giorni... Mi servirebbe solo un passaggio dall'aeroporto, perché sono ad Alghero...
Io: Se vuole, le mandiamo l'autista in città.
Prof.1: No, no, arrivo io in aeroporto, perché sarò lì circa a quell'ora per accompagnare a prendere l'aereo il mio... come dire?, compagno. 
Io (capendo che non è il caso di infierire): Va bene, non ci sono problemi.
Prof.1 (sentendosi in dovere? o per spirito femminile): Oddio, che poi, chiamarlo compagno è un po' eccessivo... Diciamo che parte, poi forse non lo rivedo neanche più!

In breve, tanto per non spettegolare, ho ricevuto le seguenti richieste misteriose:
La #quiete dopo la #tempesta
  • prenotazione di una camera sullo stesso piano di X ma su un piano diverso di Y, meglio ancora se X sta dietro l'angolo di un corridoio (buio?);
  • prenotazione a metà corridoio sullo stesso piano di Z e J, meglio ancora se equidistante;
  • prenotazione di una singola per la moglie e una singola per il marito, per non farci fare poi problemi per il pagamento della doppia. Faccio presente che, nel caso, non è un problema, perché basta saldare la differenza e ci sarebbe anche un certo risparmio. Dal silenzio, capisco che è meglio non insistere;
  • prenotazione solo a SS, perché poi a AHO ospite di un caro amico del collegio, con commento "sa, al collegio non si poteva far nulla. Ora possiamo anche uscire fino a tardi" (lo dico sempre, io, che le cazzate è meglio farle a 18 anni...)
Per evitare di essere licenziata mi fermo qui e non racconto le giornate di congresso. Vi basti sapere che avrei materiale per scrivere un libro intero, e quando mi sono rigirata felice tra le onde di PortoFerro, a chiusura di tutto, ho pensato che, al di là del lavoro, ci sono giornate amaramente divertenti. Quasi un peccato dover poi fare le persone serie (vd. foto iniziale).


mercoledì 5 settembre 2012

Magnetofono istruito/25

Quite ready to go


Sassari, Facoltà di Scienze (via Vienna)
04 settembre 2012, h. 9.30


Buongiorno (?) dal balcone
Dopo una notte passata ad aspettare mamme col biberon in mano e quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla (ma che tranquillante aveva usato Venditti?), tocca prepararsi, anche se la mattinata sassarese si annuncia lievemente velata di nubi. L'obiettivo strategico è chiaro: trucco e parrucco rapido, macchina e raggiungere il check point della Facoltà di Scienze, controllare che abbiano registrato il mio nome come Gloria (meditare un picchettaggio furioso se Giorgia o Ghigni, bomba subito se entrambi gli errori in una volta), e finalmente fare questo test di piazzamento d'inglese, per decidere se seguirò un corso di perfezionamento e un corso con capre a seguito, o nessuno dei due perché dopo l'idoneità ci sarà una poderosa corsa agli armam... No, all'iscrizione a numero chiuso...

Non sembrerebbe difficile, no? Eppure:
- ricordo di non avere ancora lavato i denti e con un unico colpo da maestra (sic!) sporco di dentifricio camicia e pantaloni; 
- decido per un look perditempo più complesso da preparare, un misto di maestrina dalla penna rossa, Sex&TheCity e Milano in trasferta;
- scopro che la siccità ha non solo seccato le spugnette dei tergi (utilissimi con la pioggia a caduta rapida e ripida sul parabrezza), ma le ha addirittura tagliuzzate alla julienne (che poi, ditemi un po', ma chi cavolo è 'sta Julienne?); dunque freno, accosto, tiro fuori dal portabagagli Glassex e Asciugatutto e inizio a pulire il parabrezza abbandonato per un mese quasi sotto un albero cinque stelle lusso, a guardare la grossa utenza ingorda che ha lerciato tutto;
- arranco con la testa fuori dal finestrino fino a via Vienna, ricordandomi solo dopo di non aver segnato il numero civico della facoltà, poi penso "Una sede come scienze si vedrà, no?";
- lascio la macchina dal meccanico per cambiare le spugnette e due lampadine che, chissà come mai, hanno smesso di strizzarmi l'occhio e inizio a girovagare;
- giro con sguardo di amara sorpresa attorno a un quartiere gigantesco di grandi strutture, decido di fermarmi e scopro che in poche centinaia di metri ci sono: Veterinaria, Chimica, Fisica, Veterinaria sperimentale (così mi dice uno specializzando con un pastore tedesco al guinzaglio più grosso di me, cui dice: "No, stai tranquillo, è solo una che si è persa", e spero non sia un cane da riporto...); 
- finalmente arranco sotto la pioggia nel cortile di Scienze, mi registro soddisfatta (il nome era giusto!) e inizio ad accusare con un po' di piacere masochistico la tachicardia da esame, che comporta i seguenti passi falsi:
  • controllo isterico dell'ora, da sincronizzarsi tra orologio, cellulare e iPhone (dimenticando che non dovrei sincronizzarli con loro, ma con gli orologi dei docenti che, chissà come mai, seguono sempre un fusorario speciale);
  • chiamata rapida alla mia famiglia (per assicurarmi che mi vorranno bene comunque o per sincerarmi di essere ancora in un mondo reale quando si parla di nonne rampanti, problemi di geometria o del rincaro della benzina...);
  • controllo a tutto il look con successivo ripensamento, pentimento e successivo "ma 'fanculo, va'";
  • foto per il Magnetofono (una cosa buona almeno!);
  • controllo dei miei futuri compagni d'esame... 
E qui viene il bello... Prendo posto un po' indietro, ma non per voler copiare (che senso avrebbe?, mi ripeto), ma solo per la famigerata ansia da prima fila. Intanto, continuo la lettura di una bozza di libro in inglese, per restare in tema, e mi lascio tanto avvincere da tornare alla Seconda Guerra Mondiale, ai servizi segreti e a una sospirata uccisione dello stronzo di turno che mi fa quasi saltellare sul sedile dalla felicità.

Poi arriva lei, a sedersi affianco a me. Capelli perfettamente curly, freschi di parrucchiera stantia, un set di penne da fare invidia a tutta la Bic insieme, matita con temperamatita a forma di coccinella (cancelleria superstiziosa, si può fare agli esami), due paia d'occhiali e tre antistress. Insomma, questa donna è come un aereo: ha tutto ridondante. Per la familiarità al Ryanair, mi tranquillizzo. Almeno finché non inizia a chiedermi:
  • se sono brava, perché certo, una che ha la borsa di Harrods non vuol dire che è stata in UK ed è stata presa da un attacco di conformismo globalizzato, ma sicuramente che è quasi madrelingua (?!);
  • insiste su cosa ho studiato, cosa faccio adesso e come mai proprio questo esame;
  • si offende un po' per le mie risposte evasive, ma fingo di non prestare attenzione a quanto stringe spudoratamente gli antistress (uno per mano e il terzo è sparito... Non voglio sapere in quale luogo inquietante);
  • mi racconta tutto il suo iter scolastico e l'avventura grama che l'ha portata lo scorso anno ad essere selezionata ma a non essersi iscritta in tempo. "Adesso", commenta soffrendo, "va a finire che non so più niente e non mi prendono neanche... E dire che avevo passato l'A2!". Penso a un'autostrada italiana, poi ricordo l'assurda nomenclatura dei livelli di inglese e mi rassereno: non ha ancora pensato a una forma originale di suicidio.
Intanto, la docente spiega come avviene l'esame, le 55 domande tra multiple choice e il completamento finale, tutte in ordine di complessità, fino all'eccellenza, e rimarca che "non serve a niente copiare, danneggereste voi stessi. A noi serve sapere non tanto quello che sapete ma quello che NON sapete". Mi lascio sfuggire un: "Esatto, chi copierebbe poi? Siamo tutti adulti", ma la mia vicina non sembra pensarla come me: "Copiare magari no, ma un confronto delle risposte... o qualche consiglio...". Capisco di avere vicino una ex-A2 decisa a marciare verso il podio (o almeno è lì che mi pensa, w Harrods, che dà competenze linguistiche babeliche) con il vecchio trucco del "guarda là cosa c'è" seguito da copiatura spasmodica di tutto l'answer sheet. Ed è lì che mi impunto e decido che difenderò l'intimità del mio answer sheet con tutta me stessa, a costo di macchiare di inchiostro la camicia rosina (seconda camicia cambiata in una mattina!).

45 minuti. Al 30esimo consegno, sconvolta dai tentativi biechi di copiatura a cui ho assistito (tre anni in 200):
Si occhieggia sui fogli del compagno con queste strategie:
- "Scusa, avresti un fazzoletto?"
- "Oh... Oh... Eh?" sguardo ammiccante dopo ripasso vocalico da un foglio all'altro, come a proporre un gemellaggio;
- "Se mi dai il foglio, dopo ti porto dove vuoi" (un po' equivoca e quasi da stalker);
- sguardo di panico dall'altra parte della stanza, sperando che il vicino faccia altrettanto e si distragga dal collo-giraffesco proiettato sul foglio;
- "Sai che in America hanno provato che i compiti fatti in equipe vengono meglio?" (un genio!);
- "Hai l'aria intelligente. Io non troppo. Controlliamo?". 

Fuggo disperata all'aria aperta, sollevata dalla fine dell'esame e con un "Va', è uscito anche il sole" in tasca. Mi sento più leggera, fumo una sigaretta immaginaria di felicità mentre chiamo un attimo a casa e invece scopro che:
  • mi hanno chiamato 2 volte dall'università (anche se sapevano che sarei stata fuori)
  • la macchina non era ancora pronta, ma l'ultima telefonata mi invitava (con tono convincente) a correre lì appena possibile
  • mi tocca iniziare a percorrere i 4,5 km che mi separano dall'ateneo con passi lunghi e ben distesi, soffrendo per la camicina rosa che rischia di tramutarsi in un porpora poco signorile a furia di corricchiare, alla bella giornata che mi aspetta (con rientro dopo le 20) e a quella cavolo di parola che ho inserito poco furbamente e che mi trivella la testa... 
La camicia rosina, vittima della situazione.
Io speriamo che me la cavo. 



sabato 1 settembre 2012

Magnetofono viaggiante/24

Il potente mezzo

Volo Ryanair Orio Al Serio - Alghero
31 agosto, h. 19.25

Quasi tutti i Ryanair hanno ritardo: "L'Ibiza partirà a ora indeterminata: si invitano i viaggiatori [né cortesi né gentili] ad avvicinarsi al bancone degli imbarchi col voucher per ricevere un buono pasto":
1- meglio un "buon pasto"
2- date le lowest fares di Ryanair l'ipotesi 1 diventa utopia;
3- sarà una strategia provata e riprovata per mettere a tacere le lamentele (o per far strozzare i più animosi col famoso rospo in gola).

Comunque, il mio Alghero ha solo 10 minuti di ritardo, passati cheek-to-cheek con la squadra di pallanuoto di Milano in trasferta per una partita a Capo Caccia. Do dei polentoni ai più simpatici e non faccio che socializzare coi loro 2m e 90kg di muscoli. Penso di aver trovato l'America ma una pioggia torrenziale ci separa lungo il tragitto a piedi per salire a bordo. Proprio così: usano sempre 'sti pullman quando vorresti sentire la brezza primaverile salire dall'asfalto della pista e con la pioggia battente no?!? Già pregustavo il guizzare dei muscoli di quelle braccia attorno alle maniglie del pullman... Pazienza, mentre mi attorciglio la sciarpa di seta attorno alla testa (tenendo ostinatamente gli occhiali da sole per sembrare una diva anni '50), scopro che il mio trench pagato una follia becera (erano i tempi in cui vivevo di mance, non sapevo che fatica per guadagnare!) non è impermeabile.
Raffreddata in qualunque bollente spirito, diventata ormai testimonial dei capelli effetto seta-bagnata, mi siedo in zona pallanuoto, ma vicina al finestrino, perché già sogno di vedere il tenero 737 che buca il temporale. Almeno un tramonto!

"È libero?".
"Sì, prego".
Dovevo dire di no, che il mio amico invisibile occupa due posti perché è americano e vive di Burger King, o inventare una qualunque patologia cronica da asfissia... Invece, il viaggiatore con pantaloni mimetici e tshirt a righe blu mi sceglie come scaccia pensieri e racconta che:
- fa l'idraulico a Milano e adesso che stanno tornando tutti lui si prende le ferie. Lui è rimasto (medaglia al valore?) quando tutti i colleghi lasciavano poveri lavandini a perdere e mogli sole (?);
- ha la casa a Stintino da vent'anni, là bellissimo ma non c'è niente da fare. , i locali sono pochi e c'è sempre da far km. Meglio chiudersi in casa e trombare, che poi, si sa, il mare concilia;
- butta là se non vado mai a Stintino di sera e io casco a chiedere perché dovrei, visto che ci sono due bar in croce. Lo sguardo da mandrillo mi suggerisce di cambiare argomento al volo.

La conversazione viene interrotta da uno Strap-Strap poderoso dal sedile davanti, seguito da un commento di madre orgogliosa:
"Ma amore, ma quanta ne hai fatta!".
Io e l'idraulico ci scambiamo un'occhiata di disgusto allibito e invochiamo l'arrivo di una hostess incazzosa, magari dell'Est, meglio se con uno dei salamini che vendono a bordo, ottimo se usato come bacchetta punitiva. Invece, attirate dalla puzza, arrivano due inglesine che rammentano (sic! Hanno imparato da TrenItalia) che i bagni hanno il fasciatoio. La madre le lascia passare e ricomincia la sacra pulitura, per poi tendere alle hostess pannolino e salviettine un po' meno fresh e molto meno clean.

Davanti a tanto, l'idraulico prova a buttare lì di offrirmi una cena, o almeno un passaggio a Sassari (giusto quella 50ina di km di deviazione!), tanto guida suo padre (pure?!). Mi invento un gatto geloso e un fidanzato da sfamare, con chiara confusione ma non capisce e sono salva. O quasi: aspettiamo di vedere l'atterraggio!
Ricordi di #Bosa più che motivanti
Finalmente, traballanti e puzzolenti, arriviamo in semi picchiata per rispettare il primato ryanair dei voli in orario. Cosí rimestata, saluto l'idraulico e ricevo i miei 10kg di bagaglio a mano dalle possenti braccia del nuotatore. Si scende: i ragazzi hanno fame, mi chiedono un buon ristorante di pesce ad Alghero. Mabrouk, senza dubbio. Buttano lì qualche ottima scusa perché li accompagni e sto per accettare quando vedo il mio autista già lì per riportarmi in città... Sfumano davanti ai miei occhi i sogni di aragosta alla catalana lanciata da un giocatore all'altro. Li saluto e salgo tristemente sul pulmino; lascio che (non so come) il mio autista parli di grappini bevuti al freddo delle piste trentine, di come scende che è un piacere con -27 gradi, del sapore e degli effetti benefici su corpo e spirito. Mi butta lì un'offerta di filuferro per festeggiare il mio rientro.
Cielo bigio, maestrale, volo sofferto, un'ottima lasciata-persa?! Filuferro, e che anneghi anche l'inconscio.

(back to Sardinian House - or Home?)

venerdì 31 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/23

31 agosto
Stazione di Bergamo, h. 17
Orio al Serio, Imbarco 12, BG-AHO

Sapevo che era lei dal primo sguardo. Anzi, dal primo urlo sul piazzale della stazione affollato di stranieri: "Scusate, sapete se passa qui l'autobus per l'aeroporto?". Senegalesi, russi, tedeschi e peruviani non rispondono, e lei decide di andare all'enorme transenna dei lavori in corso, saltare oltre il metro e cinquanta di recinzione metallica e gridare all'operaio (di spalle) con martello pneumatico la stessa domanda. Nessuna risposta. Torna all'ex fermata, quella dove hanno sradicato il cartello con l'indicazione delle fermate e inizia a girare attorno al palo, sperando di far materializzare una indicazione nel riquadro ormai bianco.

Un po' per il rischio di crisi isterica, un po' per la noia dell'attesa e pochissimo per spirito umanitario, vado a offrirle solidarietà da viaggiatrice. Subito, mentre emigriamo sotto la pioggia battente in c'era del bus, scopro che:
- è una prof di lingue in pensione;
- l'Italia fa schifo e i lavori in corso lo dimostrano (cosa penserebbero i solerti operai bergamaschi, well-known nel mondo ante-egiziani per rapidità e stacanovismo?);
- che i politici sono tutti uguali, e non resta che votare Grillo perché almeno è un comico che ha smesso di far ridere e non un serio che fa ridere suo malgrado;
- che prova pena per me che amo il mio Paese, e mi dice che dovrebbero inventare cliniche per disintossicare giovani come me (sic);
- che si trasferirà presto nella sua villa in Costa Brava, ma prima deve vendere le suE proprietà in Italia, e vuole venderle bene;
- che è assurdo dare una liquidazione di 26 milioni di euro, che è un furto legalizzato.

Detto questo, sale indignata sul bus e non oblitera. La coerenza mi fa schifo forse?! All'aeroporto mi lascia la sua email, chiedendomi di scriverle, che mi invita in Costa Brava e mi ospita più che volentieri. Allude (modesta!) al suo trasferimento definitivo come all'ennesima fuga di cervelli.
Sarò stupida e da disintossicare di idealismo, ma io in Costa Brava non ci andrò, non manderò nessuna email. Perché io sono una che oblitera ancora il biglietto.

{ringrazio la sorte che mi sta graziando il volo da sovrumani ritardi e interminate rotture. A meno che... Se fosse stata quella la mia siepe?}

Tempo d'imbarcarsi.

domenica 26 agosto 2012

Magnetofono cittadino/22

Dal Nelsen piatti sbirciare coordinate di fuga
(Sant'Angelo Lodigiano, Iper-Famila, domenica mattina, h. 11)

Al supermercato, la domenica mattina, non si va a fare la spesa. Ben inteso: i carrelli si riempiono a colma perché fa allegria (in questo periodo di crisi non si riempiono di Moët  ma di carta igienica, tanto si fugge ugualmente l'horror vacui del medio consumista). I carrelli si riempiono, ma si va soprattutto a cercare la conversazione, che ci siano conoscenti o no. l supermercato ha oggi quella funzione d'aggregazione e di sfilata (e di gossip?) che aveva un tempo la chiesa di paese. Anche gli odiatissimi compaesani lì meritano un sorriso e un "cosa cucini di buono oggi?", perché tanto, spariti dal settore surgelati e passati agli affettati, si possono subito lasciare commentini acidi del tipo: "Cucina topi morti, non senti che odore da casa sua, a passare di là? E quel suo povero figlio Giorgio, sfido io che va male a scuola!". Sono i momenti in cui le mogli sussurrano di più all'orecchio dei mariti, e dubito  che siano promesse sconce per il post-arrosto domenicale.

Ma il vero problema, è che per qualcuno la domenica mattina è l'unico giorno settimanale per fare la spesa, e se ne frega della permanente della sciura balénga, sia della borsettina firmata da esporre almeno una volta per suscitare l'invidia di tutte le tardone presenti che litigheranno presto coi mariti, ma litigheranno per sussurri all'orecchio, trasformando così i settori del supermercato in un continuo sussurro misto-occhiate al veleno da spionaggio nostrano.

E allora, come sopravvivere ai perdigiorno, ai parlottatori da bar ormai trasmigrati (perché in fondo, con la crisi, con 3,29 € di Lavazza quanti caffè fai? E poi hai anche un po' di aria condizionata gratis, ché al bar non sempre c'è...), alle mannequin mancate sulle loro passerelle di tappetini del bagno in offerta? Risposta comprovata da anni di tentativi: non si sopravvive. Non resta che fare la coda e aprire bene le orecchie...

In coda alla cassa
Sogni di fuga, a pochi km
Marito e moglie borghesucci incontrano una conoscente dall'aria sfatta, in pantaloni a tre quarti stirati probabilmente lo scorso inverno:
Moglie di Marito&Moglie: "Oh, sapessi, Annabella [!], ci siamo presi uno spavento... Lui sentiva male a quest'occhio, no?, e alla fine era una congiuntivite, allora l'ho portato al pronto soccorso, e ci hanno fatto aspettare tipo tre ore, perché lui non era un codice rosso... Ma dovevi vedere che colore aveva l'occhio, era rosso, rosso eccome...".
NonStirata: "Forse c'erano casi più gravi, sapete, gli incidenti...".
Moglie: "E insomma, ce l'hanno operato. Povero marito mio, operato. Ormai sono passate due settimane, e hanno fatto un bel lavoro, eh? Non ha neanche avuto bisogno della fischioterapia".
(casi così fanno pensare che la sanità dovrebbe smettere di essere pubblica).

Dal tabaccaio:
Io: "Vorrei una ricarica Vodafone da 15€...".
Tabaccaio: "Ma no, prendila da 5, e il moroso ti chiama lui. Bisogna farsi desiderare dagli uomini!".
Io, fingendo di non sentire: "Va bene da 15, grazie".
Tabaccaio, chiamando la sua tardonissima madre: "Mà, vero o no che è non bisogna chiamare troppo gli uomini?".
La madre, ottant'anni per ottanta chili: "Un menga... Con le mezze seghe di oggi, se non li chiami tu per dargliela, non ti rispondono neanche se gli fai te la ricarica".
Saggezza popolare.
(E comunque ho comprato la ricarica da 15 €...)

Sollievo finale. Ogni curva porta a una svolta.




sabato 18 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/21

Da qualche parte, sul FrecciaBianca da #Desenzano a #MiCentrale
(Treno FrecciaBianca Desenzano-MiCentrale: h. 14.22
Treno IC MiCentrale-Pavia: h. 16.05)

Da un pallosissimo viaggio in Frecciabianca di un'oretta, senza grandi colpi di scena: 
  • uno sfattone overaged con una magliettina rosa (aderente sulle prove di troppa Vallelata mangiata a rallentatore) racconta del suo Ferragosto passato a Desenzano al Coco Beach con "tipe troppo intrippose" [sic], che "oh, vedere come mi squadravano di brutto... ma io non gliel'ho dato, perché il treno oggi era presto!". Nota a piè di pagina: 1) il treno è alle 14.22; 2) per una notte di sesso gratis con "tipe intrippose" (e nota il plurale), caro magliettina rosa, si può anche fare un after; 3) soprattutto: ma quando ti ricapita?! 
  • Il deserto dei binari non corrisponde
    al casino di #MiCentrale
  • due sciure moderne discutono di griglia e di mariti a Ferragosto: "Gino va a prendere da bruciare un po' di carta per fare attaccare il fuoco". "Ma la puzza? Il mio Ermanno ce la fa senza". "Mah, no, dipende da che tipo di carta bruci! Una volta mia suocera voleva buttare la pellicola del pollo, figurati tu! Adesso il Gino usa la carta giusta, quella delle riviste. Dice che brucia i vestiti di Glemùùùr [sic] e del Vanity, perché è contro la moda". Un momento di pausa e l'altra: "Ma non lascia giù la stampa? Sai, la carta patinata...". "Macché, tutta salute! Una volta le patate al cartoccio avevano le macchie leopardate di D&G".
Sul secondo treno, raggiunto di corsa da un binario a un altro lontanissimo, facendomi spazio tra centinaia di viaggiatori in transito, raggiungo il desertissimo intercity per Pavia. Anzi, per Livorno Centrale: e la tentazione è tanta, visti i miei viaggi liguro-toscani degli ultimi mesi. Dopo aver controllato per acribia (non so neanch'io che vuol dire, ma suonava strano e abbastanza ballista) gli orari di arrivo a tutte le stazioni intermedie, scopro che il mio ottavo vagone non esiste, né il nono. Dunque, ritornare indietro alla 4 o alla 2; siccome siamo tutti italiani, dopo aver percorso 10km in cerca del vagone 8 o 9, quasi fuori dalla cupola di MiCentrale, ripieghiamo sulla 4, anche perché la 2 è un miraggio che ci porterebbe a spendere altri 2€ per una bottiglietta di Gatorade alla macchinetta, più un numero x di calorie per una Fiesta, che speri ti faccia smettere di non-vederci-più-dalla-fame (di condizionatore). La sottoscritta prova a fare la furbata: quanti riempiranno la carrozza 6? Dai, pochi-pochissimi il 16 agosto, e poi devo scendere alla prima fermata, che sarà mai? Come previsto, vagone deserto. Ma come non previsto, una viaggiatrice approda allo stesso vagone deserto, e si ferma proprio davanti a me, al mio ipod sdraiato comodamente e sottocarica, al mio zainetto appollaiato sulla cappelliera, alla mia borsa sdraiata sul sedile affianco col mio giubbotto di jeans. 
Egocentrismi storti
"Scusa, ma avrei questo posto". La guardo, tra l'incredulo e il sospeso, in attesa che commenti qualcosa come ma mi siedo qui di fronte, non cambia niente. Nulla. Silenzio d'attesa che mi levi dalle sacrosante. Butto lì un "hanno staccato due vagoni, siamo tutti costretti a ridistribuirci, sa com'è...". Ma dal modo in cui abbassa gli occhiali da sole sul naso e dallo sguardo strabico, capisco che la natura ha già fatto abbastanza per incattivirla e non voglio certo che sperimenti su di me lo sfogo delle sue insoddisfazioni. Raccatto tutto in dieci secondi e filo alla 4. 

UNICO VAGONE SENZA ARIA CONDIZIONATA
Qui, scelgo (fortunatamente?) di sedere di fronte a una coppia anzianotta. Lei si sventaglia furiosamente con il biglietto del treno, lui usa il suo biglietto per canalizzare l'aria (finta) in uscita dalla griglia verso la moglie, e sfodera di tanto in tanto un dolcissimo sorriso bucato (due denti in alto su sedici o simili). E in pieno accento livornese, senza chiedere iniziano a giustificarsi:
"Sai, noi si viene da una vacanza a Nord, e questo caldo qui non lo sapevamo...".
"Diglielo, Dario, non una vacanza a Nord, ma a CAPO Nord, maremma a te! Quando dici a nord sembra che sia in Val d'Aosta... Signorina, con quel che abbiamo pagato, vale bene dirlo, no? Dieci anni per andare a Capo Nord". 
"Sai quante creste sulla spesa?".
"E un freddo... Da avere la giacca a vento, e anche il cappuccio, ma il cappuccio su... E adesso Milano, 'sto caldo qui e si sta a fa' 'na sauna...". 

C'è sempre chi è messo peggio. Basta ricordarlo. E a me, per dirla tutta, un po' spiaceva scendere....


venerdì 17 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/20

Il Porto di Salò al primo tramonto. Barche che non avrò mai.

(Ferragosto 2012, Salò - BS)

Piazza di Salò, Concerto di Ferragosto. Il pubblico è così variegato e poco music-oriented da apprezzare appieno il mix furbastro dell'orchestra: Rocky, riarrangiato con la ripetizione in un gigionissimo loop del ritornello arcinoto, fa a pugni con Benny Goodman memories, un pezzo nuovissimo come Pilatus sta vicino alla Leichte Kavallerie. Mentre una percussionista iper-bresciana cerca (invano) di lottare contro il ritmo travolgente di un travolgente samba, nel pubblico ...

  • qualcuno non ce la fa più, scavalca le diecimilapersone compresse tra file di seggioline disposte con decrescente spazio vitale per le ginocchia o fa alzare intere cordate familiari (bis-nonni compresi) per raggiungere la fantastica Casa del dolce, gelateria notissima che attira gli abitudinari e, dai richiami subliminali dei coni in uscita, attrae i novellini; ne escono palle gelate e colanti che sfidano la legge di gravità, su parigine croccantissime, che col crick-crock rinvigoriscono la veste ritmica del brano;
  • la vecchietta dietro di me intona Va' pensiero, supportando le tre corali, riunite per l'evento da un pazzo direttore (ma non sa che rimescolare le voci di paesi vicini è come proporre una cena di beneficenza a palestinesi e israeliti?). Il testo della cover ultra-settantenne suona più o meno così: "va' pensiero sull'albe dorate, qui si posa e non vola la rosa..." fino all'insuperabile richiamo, di chiaro stampo padano: "al padrooooon!" (cit.).
  • una bambina odiosa, sette anni di prepotente preparazione musicale, scuote la testa a ogni attacco e fulmina la madre che, strozzata da un lembo di uno dei fazzolettini gelatofori, tossicchia educatamente per sopravvivere almeno fino alla maturità della suddetta critichina musicale (mamma, proprio sicura che ti convenga?). Scontenta per il fastidioso cof-cof materno, la piccola assesta gomitate a destra e a manca, con particolare gusto per le ginocchia faticosamente accavallate nel vano vitale tra due sedie (leggasi: ginocchia della sottoscritta);
  • una coppia di chiari amanti della musica, in coda per La casa del dolce, incontra una conoscente, lì seduta da tre ore prima del concerto, per accaparrarsi un posticino con una buona acustica. Scoprendo che tra i musicisti c'è anche un amico comune, la coppia s'interessa, quasi all'unisono (irrompendo su un pianissimo dell'orchestra): "Ma lì su quelle sedie quanto si dorme bene da 1 a 10?";
  • un appena post-neonato verifica tutto l'alfabeto (noto e non) sulla spalla del padre, che prova a zittirlo e nella pausa tra un applauso e l'attacco del nuovo pezzo commenta: "Corpu d'un canaja" (chiaro vezzeggiativo padano che ben si sposa con le migliori tecniche educative) e abbandona la piazza inciampando nell'unico marciapiede;
La piazza del concerto #Salò

Ma anche i residenti che hanno finestre aggettanti sulla piazza sono chiaramente molto felici di condividere il concerto ferragostano dal comodo divano di casa:
  • uno, sul fondo della piazza, si affaccia a guardare che sta accadendo: torso nudo, comodi gomiti sul davanzale, e cellulare in cui sputare sentenze che, per un gioco di echi, rendono cantato - rappato - un pezzo di Tchaikovsky. E non capisce che tutte le teste alzate in sua direzione non stanno rimirando i suoi pettorali... 
  • da una finestra che si affaccia sulle ultime file e sui tanti coraggiosi ascoltatori in piedi, un bontempone decide di non privare i presenti del tradizionale gavettone di Ferragosto. A spruzzate regolari, complice il buio assoluto della sua casa e un poderoso vaso di gerani sul balcone, asperge la folla di un liquido non identificato. Segue sdegno e un vociferare da gossip, sottovoce, indignato e divertito. Forse il benedicite contava di guadagnarsi un TT (= Trending Topic) su Twitter?!
Quando, dopo un numero imprecisato di Bis-Tris-Quatris..., l'orchestra e i cori riuniti abbandonano l'affezionatissimo palco, si raccolgono senza dubbio commenti entusiastici tra la folla in più o meno regolare deflusso:
  • "Certo che quel pezzo là, quello di Rambo, secondo me era il più forte" (era Rocky);
  • "Mi sa che ho mangiato troppo gelato... No, non passiamo a bere qualcosa, andiamo dritti al cesso";
  • "Se chiamavano i Pooh, a me mi piaceva di più; a Gigi D'Alessio, qui in Padania, invece gli sparavano di sicuro";
  • "Folkloristico" (significativo quando i pezzi vanno da Bernstein a Bonfa...);
  • "Mmmm... A Milano lo sentivo senza dubbio meglio. Incivili, questi". Risposta pratica del santo marito: "Sì, ma l'ultima volta a Milano hai speso 120 €, qui è gratis";
  • Ottica di Monti applicata alla musica: "Non ho capito una cosa: ma chi paga tutti quelli lì? Secondo me un paio coi corni (!) si potevano anche licenziare".
Un po' la signora milanese aveva ragione: all'Auditorium avremmo trovato acustica, exploit, selezione di brani e comodità migliori. Ma dove avrei raccolto materiali così magnetoFILI?

#Lugana, the day after, a dimostrazione che i gavettoni di imprecisate
sostanze liquide temprano lo spirito e il carattere. Si sopravvive
per una super brioche-cappuccino alle 8.

giovedì 16 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/19

(Treno Pavia-Milano Centrale-Desenzano)

14 agosto 2012

Desenzano si annuncia dal treno

Sul treno da Milano Centrale. Viaggiatori disimpegnati:

  • valigia lanciata a inizio vagone con annesso giubbino incastrato per terra tra tre trolley (e va bene il similpelle schifoso, ma che dire delle colonie microbatteriche acquisite da portarsi in vacanza?); 
  • viaggiatore camiciarosso con evidente iperattività percorre e ripercorre gli stessi 3m di carrozza (memento: spiegargli che il famoso solco scavato da Zio Paperone era una finzione); 
  • due ragazzotti provenienti dal vagone ristorante con il loro toast dal retrogusto cartaceo avvistano in avvicinamento un sovraccarico passeggero con valigia, zaino e colonnina di ventilatore e annessa scatola di cartone tipo arma impropria: chi pensate che si sia spostato?; 
  • signora della Milano bene, madre di famiglia, tiene la figlia al di là del corridoio mentre legge Cinquanta sfumature, di tanto in tanto sospira e si interrompe commentando: "Meglio che mi prenda una pausa...". Potere riprovato del MommyPorn o rimorsi dell'acquisto? L'espressione immutabile del viso inceronato non aiuta.


L'aitante madre di famiglia (reading #50Shades)

lunedì 13 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/18


12 agosto 2012



(Viaggio Alghero - Pisa: Ryanair; Pisa - Pavia; Trenitalia, IC 670)

Il fondoschiena del mio vettore più frequentato

Aeroporto di Fertilia. Arriva il volo Ryanair da Pisa; dopo aver sbarcato gli scombussolati viaggiatori (partiti alle 6.30 dal Galileo Galilei), pilota e co-pilota scivolano fuori dai finestrini, forse dopo aver visto troppe puntate di Hazzard o per mostrare il fascino della divisa non solo a mezzobusto, scivolano fuori dai finestrini laterali e, in equilibrio sulle sacre protuberanze inferiori, iniziano a staccare fogli di Scottex, su cui sputano gentil salivetta e fregano con solerzia i finestrini anteriori. Risparmio di personale, senza dubbio, in tempi di crisi...
Una volta imbarcati, così ci saluta il capitano: "Signore e signori (prima le donne, eh?), buongiorno! Benvenuti sul nostro volo Ryanair. A quanto sembra, ci sono tutti i passeggeri e possiamo anche partire, cosa ne dite?". Era un italiano, inutile specificarlo.

Di Pinocchi, si sa, c'è pieno il mondo...

Gironzolando per Pisa, nelle due ore di attesa del primo treno per Pavia: vù cumprà che cerca di vendermi occhiali da sole tamarri a 5 € e poi propone di scambiarli coi miei Lagerfeld originali-pezzo-unico-vintage; bambino inglese che, avvicinatosi al mega-modellino di Pinocchio e non conoscendo la storia, cerca di segare via la punta del naso con la chiave del B&B; incontro-scontro tra due giapponesi che volevano fare la solita foto reggendo la Torre di Pisa e, avanza tu che vado indietro io, hanno sperimentato il vecchio culo-a-culo, cui segue cortesissima risatina nipponica con scuse che fanno della loro lingua agglutinante qualcosa di troppo agglutinato e quindi inascoltabile; un vecchietto entra alle h. 10 all'Anatolia Kebab chiedendo un gelato (quando la gelateria Umpa Lumpa è a due metri di distanza esatta, ma certo i nomi non aiutano).

MyChef di Pisa mi ha fornito una cotoletta transgenica in pane gommoso
On train. Dopo mezzo viaggio sola, con annessa foto autoscatto in centocinquanta pose diverse fino al completo (forse vano, effimero, irrisorio?) soddisfacimento dell'ego e del super-ego insieme, sale una coppia di donne inglesi. La vecchia e la EL James del UK sfoderano un vassoio imbarazzante colmo di tutti i dolci toscani che si possono trovare a Pisa, tre o quattro esemplari per tipo. Ridendo a chi sbriciola di più (forse tipico humour inglese?), si passano l'una con l'altra pezzi sbocconcellati di buccellato, e l'unico commento che avverto è: "There's no butter, we can exagerate!". Convinte loro...
Who's real?
Sale poi un inquietante uomo vogherese, un Raspelli dimagrito (e dunque incattivito), che occupa buona parte dello spazio davanti alla porta dello scompartimento, con un'inquietante borsa da viaggio o ventiq..., no quarantottore sulle poderose ginocchia tonde; inizia a estrarre con una meticolosità da serial killer libri e atlanti geografici, un evidenziatore per libro e una matita acuminata. Poi fissa noi tre donne con espressione malefica, la punta di grafite rivolta verso di noi; ma rinuncia all'istinto e parte con sottolineatura furiosa, che non gli fa neanche notare che:

a) a Genova sale una giovanissima cinesina dall'aria simpatica ma tonta, che ignora totalmente l'italiano, l'inglese, il francese e ogni lingua diffusa, e solo i gesti la avvertono di desistere dall'impresa donchisciottesca di caricare dal (basso del) suo metro e cinquanta ai 2 metri del supporto la valigia-coffin da 50kg;

b) in corridoio l'addetta delle FS s'incastra rumorosamente con il carrello delle cibarie (?) tra la maniglia della porta e la suddetta valigia;

c) due ragazzi poco pratici di treno aprono il nostro scompartimento, insultano chi ha - avrebbe - rubato il posto, salvo poi accorgersi di essere in un altro vagone e... di un altro treno!

d) arriva un simpatico prete svizzero che, accanto al burbero geografilo, ipotizza per la terza volta le leggi di contaminazione tra il mio accento pavese e il romanesco, investigando per trenta minuti sulla mia presunta permanenza prolungata a Roma, che non può certo essere stata di una sola settimana, oppure ok, deve essere per forza così, sono molto portata per le lingue...

Arrivo a Pavia. Finalmente scendo, liberata dal Raspelli corso giù all'ultimo a Voghera (dopo aver maniacalmente riposto ogni evidenziatore a segnare la pagina di ogni libro; e ogni libro in una diversa tasca della quarantottore); saluto cordialmente con un "goodbye" le inglesi e con un cenno della mano la cinese. Il prete svizzero mi congeda così: "Che il Signore ti benedica". Non so che rispondere, butto lì un "Benedica pure Lei", ricordando solo dopo che in pavese il vecchio "va' a fàt benedì" non è esattamente un augurio. Ma conto sulla mancata globalizzazione dei micro-viaggiatori, e finalmente a casa.

Questione di prospettive. Sempre e comunque.