domenica 23 settembre 2012

Magnetofono istruito/26

Sono io, non è la mia comparsa
Meditare la fuga
Avete mai provato la sensazione inebriante di organizzare un congresso? Bene, vi assicuro che bisogna armarsi di tanta pazienza, volontà, misericordia e tutte le altre qualità (cristiane e non) che potreste infilare in un libro didascalico post-tridentino. Ma, a parte questo, se avete un po' di cinismo, collezionerete una serie di esperienze irripetibili, prima e dopo, con cui controbilancerete gli incontri frustranti con chi non capisce che siete dottorandi di ricerca, ma vi tratta come l'ultimo barista nei peggiori bar di Caracas. 
Vediamo cosa posso dire... [premessa: visto quanto è accaduto di recente tra Carofiglio e Ostuni, temendo le possibili requisitorie degli italianisti, dichiaro fin da ora che ogni nome è del tutto casuale. Non si dica lo stesso dei fatti o, quel che è peggio, delle parole o dei pensieri, ma almeno in questi vorrei conservare un po' di sana libertà].
Mettetevi comodi. 

LA SAGA DELLE PUBBLICHE RELAZIONI
Il dramma parte da come si scrive a una segreteria organizzativa:
#PortoFerro. Quel che rasserena
  • "Gentile Segreteria, [...] La saluto caramente" ---> modello di Segreteria antropomorfa post-dannunziana. 
  • "La presente è per... [...] firma" ---> modello Walker-Texas-Ranger. Non saluto perché io non devo niente a nessuno... 
  • "[...] ho già scritto per sapere se c'è un videoproiettore. E' molto importante per me avere un videoproiettore o dovrei fare fotocopie a colori" ---> il dramma di chi prende 5.000 € al mese è fare 30 fotocopie a colori: ricordiamocelo, Zio Paperone ha salvato così la numero 1
  • "Sono vegetariana e vorrei sapere se posso partecipare ugualmente alla cena sociale" ---> partecipare è un diritto; visto che la cena si svolgerà in un agriturismo in cui il pezzo forte è il porcetto al latte, vedi tu se la tua quota di 35 € è ben riposta.
  • "Non riesco a trovare un aereo per arrivare in Sardegna. Mi può consigliare vie alternative?" ---> mio /a caro/a, esiste Skyscanner, grazie a Dio!, ma sono in una giornata d'espiazione per un peccatuccio non proprio veniale [sic] e dunque ti cerco tutte le possibili soluzioni dalla tua università, salvo poi ricevere la seguente risposta: "La ringrazio, ma non sono a (nome dell'università);  in realtà io vivo a XYZ e non ho la patente per raggiungere un aeroporto. Ha altre idee?". A parte segnarti, raccomandarti a tutti gli dei e fare l'autostop, non credo che dal tuo paese di XYZ (sito in alta montagna) partano traghetti...
  • "Soffro di problemi di ritenzione idrica. Vorrei sapere se in Sardegna vendono un'acqua in bottiglia consigliata e se ne posso trovare una cassa in hotel". ---> 1- sei una donna, benvenuta nel mondo della cellulite (tanto per chiamare le cose col loro nome); 2- siamo in Sardegna, non in Ruanda; 3- non sapevo che avessimo per ospite Madonna. 
  • "Porterò una chiavetta USB con un pdf da proiettare. Vorrei sapere se il vostro videoproiettore ha l'ingresso USB o devo procurarmi una riduzione internazionale". ---> Cosa?
Ma il meglio riguarda le love stories, di cui tanti mi avevano parlato. So la solita storia che tanti professori universitari, poco inclini alla monogamia, insaccano la loro sacra fede nuziale in tasca, ma ho sempre pensato che fosse per proteggerla dai rischi del metal detector, o perlomeno, per evitare in una giornata di sole, di accecare il relatore con il riflesso di cotanto oro... Bene, quando prenoti stanze, sappi che dovrai fare come le famose scimmiette di Rousseau, o almeno come NonVedo e NonParlo. Per NonSento, senti pure, ridi tra te e renditi conto di quanto l'età non c'entri nulla con gli intrighi amorosi o scop... Scoperte passionali... 

TELEFONATA #1: (dopo 10 giorni a chiamare un numero e a trovare sempre la segreteria telefonica)
Io: Scusi Professoressa, vorrei segnalarle che al (tal orario) non ci sono voli previsti su Alghero. Sia noi che il nostro autista siamo preoccupati, non vorremmo che perdesse il volo...
Prof.1: No, è che... Io sono già in Sardegna da alcuni giorni... Mi servirebbe solo un passaggio dall'aeroporto, perché sono ad Alghero...
Io: Se vuole, le mandiamo l'autista in città.
Prof.1: No, no, arrivo io in aeroporto, perché sarò lì circa a quell'ora per accompagnare a prendere l'aereo il mio... come dire?, compagno. 
Io (capendo che non è il caso di infierire): Va bene, non ci sono problemi.
Prof.1 (sentendosi in dovere? o per spirito femminile): Oddio, che poi, chiamarlo compagno è un po' eccessivo... Diciamo che parte, poi forse non lo rivedo neanche più!

In breve, tanto per non spettegolare, ho ricevuto le seguenti richieste misteriose:
La #quiete dopo la #tempesta
  • prenotazione di una camera sullo stesso piano di X ma su un piano diverso di Y, meglio ancora se X sta dietro l'angolo di un corridoio (buio?);
  • prenotazione a metà corridoio sullo stesso piano di Z e J, meglio ancora se equidistante;
  • prenotazione di una singola per la moglie e una singola per il marito, per non farci fare poi problemi per il pagamento della doppia. Faccio presente che, nel caso, non è un problema, perché basta saldare la differenza e ci sarebbe anche un certo risparmio. Dal silenzio, capisco che è meglio non insistere;
  • prenotazione solo a SS, perché poi a AHO ospite di un caro amico del collegio, con commento "sa, al collegio non si poteva far nulla. Ora possiamo anche uscire fino a tardi" (lo dico sempre, io, che le cazzate è meglio farle a 18 anni...)
Per evitare di essere licenziata mi fermo qui e non racconto le giornate di congresso. Vi basti sapere che avrei materiale per scrivere un libro intero, e quando mi sono rigirata felice tra le onde di PortoFerro, a chiusura di tutto, ho pensato che, al di là del lavoro, ci sono giornate amaramente divertenti. Quasi un peccato dover poi fare le persone serie (vd. foto iniziale).


mercoledì 5 settembre 2012

Magnetofono istruito/25

Quite ready to go


Sassari, Facoltà di Scienze (via Vienna)
04 settembre 2012, h. 9.30


Buongiorno (?) dal balcone
Dopo una notte passata ad aspettare mamme col biberon in mano e quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla (ma che tranquillante aveva usato Venditti?), tocca prepararsi, anche se la mattinata sassarese si annuncia lievemente velata di nubi. L'obiettivo strategico è chiaro: trucco e parrucco rapido, macchina e raggiungere il check point della Facoltà di Scienze, controllare che abbiano registrato il mio nome come Gloria (meditare un picchettaggio furioso se Giorgia o Ghigni, bomba subito se entrambi gli errori in una volta), e finalmente fare questo test di piazzamento d'inglese, per decidere se seguirò un corso di perfezionamento e un corso con capre a seguito, o nessuno dei due perché dopo l'idoneità ci sarà una poderosa corsa agli armam... No, all'iscrizione a numero chiuso...

Non sembrerebbe difficile, no? Eppure:
- ricordo di non avere ancora lavato i denti e con un unico colpo da maestra (sic!) sporco di dentifricio camicia e pantaloni; 
- decido per un look perditempo più complesso da preparare, un misto di maestrina dalla penna rossa, Sex&TheCity e Milano in trasferta;
- scopro che la siccità ha non solo seccato le spugnette dei tergi (utilissimi con la pioggia a caduta rapida e ripida sul parabrezza), ma le ha addirittura tagliuzzate alla julienne (che poi, ditemi un po', ma chi cavolo è 'sta Julienne?); dunque freno, accosto, tiro fuori dal portabagagli Glassex e Asciugatutto e inizio a pulire il parabrezza abbandonato per un mese quasi sotto un albero cinque stelle lusso, a guardare la grossa utenza ingorda che ha lerciato tutto;
- arranco con la testa fuori dal finestrino fino a via Vienna, ricordandomi solo dopo di non aver segnato il numero civico della facoltà, poi penso "Una sede come scienze si vedrà, no?";
- lascio la macchina dal meccanico per cambiare le spugnette e due lampadine che, chissà come mai, hanno smesso di strizzarmi l'occhio e inizio a girovagare;
- giro con sguardo di amara sorpresa attorno a un quartiere gigantesco di grandi strutture, decido di fermarmi e scopro che in poche centinaia di metri ci sono: Veterinaria, Chimica, Fisica, Veterinaria sperimentale (così mi dice uno specializzando con un pastore tedesco al guinzaglio più grosso di me, cui dice: "No, stai tranquillo, è solo una che si è persa", e spero non sia un cane da riporto...); 
- finalmente arranco sotto la pioggia nel cortile di Scienze, mi registro soddisfatta (il nome era giusto!) e inizio ad accusare con un po' di piacere masochistico la tachicardia da esame, che comporta i seguenti passi falsi:
  • controllo isterico dell'ora, da sincronizzarsi tra orologio, cellulare e iPhone (dimenticando che non dovrei sincronizzarli con loro, ma con gli orologi dei docenti che, chissà come mai, seguono sempre un fusorario speciale);
  • chiamata rapida alla mia famiglia (per assicurarmi che mi vorranno bene comunque o per sincerarmi di essere ancora in un mondo reale quando si parla di nonne rampanti, problemi di geometria o del rincaro della benzina...);
  • controllo a tutto il look con successivo ripensamento, pentimento e successivo "ma 'fanculo, va'";
  • foto per il Magnetofono (una cosa buona almeno!);
  • controllo dei miei futuri compagni d'esame... 
E qui viene il bello... Prendo posto un po' indietro, ma non per voler copiare (che senso avrebbe?, mi ripeto), ma solo per la famigerata ansia da prima fila. Intanto, continuo la lettura di una bozza di libro in inglese, per restare in tema, e mi lascio tanto avvincere da tornare alla Seconda Guerra Mondiale, ai servizi segreti e a una sospirata uccisione dello stronzo di turno che mi fa quasi saltellare sul sedile dalla felicità.

Poi arriva lei, a sedersi affianco a me. Capelli perfettamente curly, freschi di parrucchiera stantia, un set di penne da fare invidia a tutta la Bic insieme, matita con temperamatita a forma di coccinella (cancelleria superstiziosa, si può fare agli esami), due paia d'occhiali e tre antistress. Insomma, questa donna è come un aereo: ha tutto ridondante. Per la familiarità al Ryanair, mi tranquillizzo. Almeno finché non inizia a chiedermi:
  • se sono brava, perché certo, una che ha la borsa di Harrods non vuol dire che è stata in UK ed è stata presa da un attacco di conformismo globalizzato, ma sicuramente che è quasi madrelingua (?!);
  • insiste su cosa ho studiato, cosa faccio adesso e come mai proprio questo esame;
  • si offende un po' per le mie risposte evasive, ma fingo di non prestare attenzione a quanto stringe spudoratamente gli antistress (uno per mano e il terzo è sparito... Non voglio sapere in quale luogo inquietante);
  • mi racconta tutto il suo iter scolastico e l'avventura grama che l'ha portata lo scorso anno ad essere selezionata ma a non essersi iscritta in tempo. "Adesso", commenta soffrendo, "va a finire che non so più niente e non mi prendono neanche... E dire che avevo passato l'A2!". Penso a un'autostrada italiana, poi ricordo l'assurda nomenclatura dei livelli di inglese e mi rassereno: non ha ancora pensato a una forma originale di suicidio.
Intanto, la docente spiega come avviene l'esame, le 55 domande tra multiple choice e il completamento finale, tutte in ordine di complessità, fino all'eccellenza, e rimarca che "non serve a niente copiare, danneggereste voi stessi. A noi serve sapere non tanto quello che sapete ma quello che NON sapete". Mi lascio sfuggire un: "Esatto, chi copierebbe poi? Siamo tutti adulti", ma la mia vicina non sembra pensarla come me: "Copiare magari no, ma un confronto delle risposte... o qualche consiglio...". Capisco di avere vicino una ex-A2 decisa a marciare verso il podio (o almeno è lì che mi pensa, w Harrods, che dà competenze linguistiche babeliche) con il vecchio trucco del "guarda là cosa c'è" seguito da copiatura spasmodica di tutto l'answer sheet. Ed è lì che mi impunto e decido che difenderò l'intimità del mio answer sheet con tutta me stessa, a costo di macchiare di inchiostro la camicia rosina (seconda camicia cambiata in una mattina!).

45 minuti. Al 30esimo consegno, sconvolta dai tentativi biechi di copiatura a cui ho assistito (tre anni in 200):
Si occhieggia sui fogli del compagno con queste strategie:
- "Scusa, avresti un fazzoletto?"
- "Oh... Oh... Eh?" sguardo ammiccante dopo ripasso vocalico da un foglio all'altro, come a proporre un gemellaggio;
- "Se mi dai il foglio, dopo ti porto dove vuoi" (un po' equivoca e quasi da stalker);
- sguardo di panico dall'altra parte della stanza, sperando che il vicino faccia altrettanto e si distragga dal collo-giraffesco proiettato sul foglio;
- "Sai che in America hanno provato che i compiti fatti in equipe vengono meglio?" (un genio!);
- "Hai l'aria intelligente. Io non troppo. Controlliamo?". 

Fuggo disperata all'aria aperta, sollevata dalla fine dell'esame e con un "Va', è uscito anche il sole" in tasca. Mi sento più leggera, fumo una sigaretta immaginaria di felicità mentre chiamo un attimo a casa e invece scopro che:
  • mi hanno chiamato 2 volte dall'università (anche se sapevano che sarei stata fuori)
  • la macchina non era ancora pronta, ma l'ultima telefonata mi invitava (con tono convincente) a correre lì appena possibile
  • mi tocca iniziare a percorrere i 4,5 km che mi separano dall'ateneo con passi lunghi e ben distesi, soffrendo per la camicina rosa che rischia di tramutarsi in un porpora poco signorile a furia di corricchiare, alla bella giornata che mi aspetta (con rientro dopo le 20) e a quella cavolo di parola che ho inserito poco furbamente e che mi trivella la testa... 
La camicia rosina, vittima della situazione.
Io speriamo che me la cavo. 



sabato 1 settembre 2012

Magnetofono viaggiante/24

Il potente mezzo

Volo Ryanair Orio Al Serio - Alghero
31 agosto, h. 19.25

Quasi tutti i Ryanair hanno ritardo: "L'Ibiza partirà a ora indeterminata: si invitano i viaggiatori [né cortesi né gentili] ad avvicinarsi al bancone degli imbarchi col voucher per ricevere un buono pasto":
1- meglio un "buon pasto"
2- date le lowest fares di Ryanair l'ipotesi 1 diventa utopia;
3- sarà una strategia provata e riprovata per mettere a tacere le lamentele (o per far strozzare i più animosi col famoso rospo in gola).

Comunque, il mio Alghero ha solo 10 minuti di ritardo, passati cheek-to-cheek con la squadra di pallanuoto di Milano in trasferta per una partita a Capo Caccia. Do dei polentoni ai più simpatici e non faccio che socializzare coi loro 2m e 90kg di muscoli. Penso di aver trovato l'America ma una pioggia torrenziale ci separa lungo il tragitto a piedi per salire a bordo. Proprio così: usano sempre 'sti pullman quando vorresti sentire la brezza primaverile salire dall'asfalto della pista e con la pioggia battente no?!? Già pregustavo il guizzare dei muscoli di quelle braccia attorno alle maniglie del pullman... Pazienza, mentre mi attorciglio la sciarpa di seta attorno alla testa (tenendo ostinatamente gli occhiali da sole per sembrare una diva anni '50), scopro che il mio trench pagato una follia becera (erano i tempi in cui vivevo di mance, non sapevo che fatica per guadagnare!) non è impermeabile.
Raffreddata in qualunque bollente spirito, diventata ormai testimonial dei capelli effetto seta-bagnata, mi siedo in zona pallanuoto, ma vicina al finestrino, perché già sogno di vedere il tenero 737 che buca il temporale. Almeno un tramonto!

"È libero?".
"Sì, prego".
Dovevo dire di no, che il mio amico invisibile occupa due posti perché è americano e vive di Burger King, o inventare una qualunque patologia cronica da asfissia... Invece, il viaggiatore con pantaloni mimetici e tshirt a righe blu mi sceglie come scaccia pensieri e racconta che:
- fa l'idraulico a Milano e adesso che stanno tornando tutti lui si prende le ferie. Lui è rimasto (medaglia al valore?) quando tutti i colleghi lasciavano poveri lavandini a perdere e mogli sole (?);
- ha la casa a Stintino da vent'anni, là bellissimo ma non c'è niente da fare. , i locali sono pochi e c'è sempre da far km. Meglio chiudersi in casa e trombare, che poi, si sa, il mare concilia;
- butta là se non vado mai a Stintino di sera e io casco a chiedere perché dovrei, visto che ci sono due bar in croce. Lo sguardo da mandrillo mi suggerisce di cambiare argomento al volo.

La conversazione viene interrotta da uno Strap-Strap poderoso dal sedile davanti, seguito da un commento di madre orgogliosa:
"Ma amore, ma quanta ne hai fatta!".
Io e l'idraulico ci scambiamo un'occhiata di disgusto allibito e invochiamo l'arrivo di una hostess incazzosa, magari dell'Est, meglio se con uno dei salamini che vendono a bordo, ottimo se usato come bacchetta punitiva. Invece, attirate dalla puzza, arrivano due inglesine che rammentano (sic! Hanno imparato da TrenItalia) che i bagni hanno il fasciatoio. La madre le lascia passare e ricomincia la sacra pulitura, per poi tendere alle hostess pannolino e salviettine un po' meno fresh e molto meno clean.

Davanti a tanto, l'idraulico prova a buttare lì di offrirmi una cena, o almeno un passaggio a Sassari (giusto quella 50ina di km di deviazione!), tanto guida suo padre (pure?!). Mi invento un gatto geloso e un fidanzato da sfamare, con chiara confusione ma non capisce e sono salva. O quasi: aspettiamo di vedere l'atterraggio!
Ricordi di #Bosa più che motivanti
Finalmente, traballanti e puzzolenti, arriviamo in semi picchiata per rispettare il primato ryanair dei voli in orario. Cosí rimestata, saluto l'idraulico e ricevo i miei 10kg di bagaglio a mano dalle possenti braccia del nuotatore. Si scende: i ragazzi hanno fame, mi chiedono un buon ristorante di pesce ad Alghero. Mabrouk, senza dubbio. Buttano lì qualche ottima scusa perché li accompagni e sto per accettare quando vedo il mio autista già lì per riportarmi in città... Sfumano davanti ai miei occhi i sogni di aragosta alla catalana lanciata da un giocatore all'altro. Li saluto e salgo tristemente sul pulmino; lascio che (non so come) il mio autista parli di grappini bevuti al freddo delle piste trentine, di come scende che è un piacere con -27 gradi, del sapore e degli effetti benefici su corpo e spirito. Mi butta lì un'offerta di filuferro per festeggiare il mio rientro.
Cielo bigio, maestrale, volo sofferto, un'ottima lasciata-persa?! Filuferro, e che anneghi anche l'inconscio.

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