sabato 27 luglio 2013

Magnetofono cittadino/36

Solo per veri eroi. Astenersi pavidi.
LIDL, ore 18 di un afosissimo sabato.

Tante sono le sfighe per stare a casa al sabato quando sei in Sardegna e fuori ci sono 40° minimo:

  • devo consegnare un pezzo immane di tesi di dottorato lunedì;
  • (e domani voglio andare al mare);
  • ho finito l'acqua a casa;
  • internet fa schifo;
  • la macchina non ha il condizionatore;
  • passo il tempo ad aprire e chiudere i vetri delle portefinestre sperando in uno spiffero;
  • non ho nessun macho partenopeo che, a lamentarmi, mi porta un Nestea. 
Insomma, mi faccio coraggio e sfido il quasi tramonto (che proprio non ne vuol sapere) ed emigro alla Lidl. Qualcosa mi sconvolge da subito: il SILENZIO. Non è che i clienti siano così pochi, è che vagano come spettri appesi ai loro carrelli, aprendo per bene tutti i pori per far entrare anche nell'ultimo milionesimo di bronchiolo un po' di aria condizionata (appestata, secondo me, dalle tante calorie dei famosi biscotti al cioccolato americani, che un tempo mangiavo a suon di mezzo pacchetto... vabbè, belle storie, qualche dieta fa). 
Insomma, sono lì che sollevo con potenza le mie casse d'acqua, quando un addetto allarmato mi chiama e indica il cartone vuoto che avevo nel carrello, rimasuglio di una spesa precedente e altrui: 
"Signorina! Non starà comprando quegli yogurt? Oh, no, vedo che è solo il cartone... - lo guardo stupita, chiedendomi se avessero trovato ingredienti radioattivi - perché da lunedì sono in sconto e li paga 14 centesimi l'uno!". 
Incredula, ringrazio, e il commesso mi stringe la mano ripetendomi "piacere piacere" e aggiungendo un "se posso servirla in qualche modo", che mi riporta ai tempi dell'anteguerra, tempo della sua scuola elementare, a occhio e croce. Per tanta gentilezza e tanto masochismo commerciale, non riesco neanche a fare doppi sensi sull'offertona. 

Occhiali da sole in casa. Ecco, la fine è vicina.
Insomma, mi sposo poco più in là, dove la Lidl ha iniziato una svendita di un sacco di articoli che durante l'anno non sono stati afferrati, sprimacciati, indossati, riportati indietro (con incazzosi scontrini che gridano al difettoso). Un enorme espositore è per stivali, stivali di pelo. Quelli che vedete qui sopra, per intenderci. 
Guardo divertita, chiedendomi chi diavolo compri qualcosa del genere a fine luglio. Bene, la risposta arriva subito, con un particolare a cui non avevo pensato: prima di comprarle, le cose si misurano. La coppia, sui 45 anni circa, è la mamma+papà che esce di casa mentre i ragazzini chissà dove sono, e per un po' di tranquillità si fa la spesa alla Lidl (e mangia più biscotti americani di me, a ben guardare). Visto che la Lidl non è un calzaturificio e non sono previsti comodi pouf dove appoggiare il fondoschiena biscottoso, la signora inizia a chiamare il marito con sonori schiaffi sulla protuberanza anteriore (la pancia, guagliò, non altro, siamo alla Lidl, non in un film di zozzo anni '60!) e gli grida imperativa:
"Ajò, Gavino, prendimi per un braccio, che li provo".
Il tono non ammette repliche: l'uomo la sostiene per un prosciut... braccio, e la donna parte con la sua guerra con uno stivale troppo stretto, che con tutto quel pelo dentro di pecorume non salirebbe mai oltre la caviglia. Ma la coraggiosa avventrice non si scoraggia, sbanfa e annaspa, arrossandosi tutte le guance, e inizia a tirare con tutte le sue forze, mentre il marito cerca di issare l'ancora... Ah, no, insomma, si protende dal lato opposto per verificare la legge fisica del moto uguale e contrario o qualcosa di simile (ero una capra, lo so, lo ammetto). Quando stavo per perdere le speranze e chiamare il 118, la mia eroina infila uno stivale! Improvvisamente, tutta la fatica svanisce: si issa sulla sua schiena, appoggia le mani sui lombi e si pavoneggia davanti al suo uomo. No, non è un documentario di Quark. Semplicemente, gli domanda:
"Gavi', come sto?". 
Lui non fa in tempo a dire parola, che lei abbassa lo sguardo e, come se quello stivale si fosse trasformato in men che non si dica, spalanca gli occhi e disgustata:
"Ma è rosa! Ti pare che io andrò [sic] in giro con uno stivale rosa?".
Non ho potuto resistere ad aspettare l'operazione di smontaggio.





martedì 23 luglio 2013

Magnetofono cittadino/35

Illusione: non perdere tempo

Il mondo è bello perché è (s)vario(nato)


Come non amare la Conad? h. 13 
Coda epocale, massaie che mi travolgono con i loro carrelli pieni (di offerte), e tamburellano nervosamente con le dita sul loro carrello (mai sentita la sinfonia disfonica dei supermercati?). Ho fatto la "spesa al volo", come dice il mio scontrino, che sarebbe un modo perfetto per non perdere tempo e sentirsi un po' batman quando si punta il telecomando sul codice a barre e si ottiene la lucina verde [non ho ancora capito perché sui sacchetti delle mele non funziona - mica è criptonite, e io mica Superman]. 

Insomma, sono in coda e quando è il mio - sudato - turno, appoggio tutto sul nastro trasportatore. Non faccio in tempo a risistemare il pane carasau che stava scappando con tutte le sue belle calorie dalla mia borsa, che la commessa mi arraffa letteralmente una mano e commenta:
- Oh, ma questo bello smalto verde è di quelli semi permanenti? 
#Stintino _ destinazione paradiso
Io, un po' incredula, scuoto la testa. Lei, incurante degli sguardi di tutti gli altri clienti, probabilmente disposti a lanciare una botte di acetone sulle nostre mani pur di farci smettere, prosegue:
- Perché io ho messo questo - e sventola le dita con un fuxia imbarazzante - è semi permanente, costa un bè e si vede già la ricrescita. Guarda, si vede? E da qui? - allontana la mano - e da qui? - la mette sotto la cassa, ridendo. 
Ho ringraziato tutti i santi noti e i beati prossimi venturi perché probabilmente c'era abbastanza zucchero nei caffè mattutini di tutti i presenti... 

On the way back home
Quale scusa ritenete più opportuna per infilarmi in un negozio di vendita e manutenzione di registratori di cassa? Me lo sono chiesta tutto il viaggio di ritorno, dopo aver notato il commesso a dir poco splendido sulla porta. Ho pensato di inciampare brutalmente sotto il peso degli acquisti Conad, e magari cadere dritta contro la vetrina, per accertarmi di non sprecare l'occasione, ma è una scusa usurata. Ho pensato di entrare dicendo "i miei conti, non tornano mai" e sperare in un aiuto dal cielo. O di fingermi interessata all'acquisto di un registratore di cassa per tenere il conto delle tasse condominiali, o pervertita per adorare il "ding" di quando si apre la cassa... Nessuna delle motivazioni mi ha convinta, vi dirò, e alla fine ho proseguito il mio km sotto il sole. Eppure, visto che devo tornare alla Conad almeno una volta a settimana e passo davanti al negozio... (si accettano consigli, magari senza conseguenti ricoveri alla neuro).

Fare benzina al Self non è nazional popolare
Non sta né in cielo né in terra (#Portoferro)
La stessa sera dovevo andare all'aeroporto di a Fertilia a prendere la mia adoratissima cuginetta. Come nella migliore delle storie, macchina striata da uccelli armati di notevole mira e un intero erbario sotto i tergi. Insomma, per farla breve, parto in ritardo e in riserva. Mi fermo al solito benzinaio di via Carlo Felice (perché non so come ma, se la benzina è oro puro, da lui costa come l'argento) e incappo in una macchinata di giganti spagnoli. Due metri per uno, a occhio e croce. Aspetto che si impossessino del pistolone e, dopo un breve e sconsolante confronto con la natura, si mettano a riempire la macchina. Invece?!??! Toccano tutti i tasti, senza farsi venire in mente di andare a pagare alla macchinetta.
Cordialmente, glielo spiego in inglese, e questi annuiscono, mi raccontano che sono in vacanza e che sono arrivati a Sassari per una gita. Una gita controcorrente, questo è certo. Intanto il mio ritardo si moltiplica, secondo su secondo, e anche la mia macchina post-striatura scalpita con tutti i suoi 52 cavalli - ronzini, vabbè. Il primo hidalgo continua ad aggirarsi e a scambiarsi messaggi sconsolanti con gli altri tre passeggeri: soldi? Dove? Ma gli euro si usano in Sardegna? Le carte di credito? Rispondo rassicurante, finché, allo spuntare delle terribili 21.30, perdo ogni ritegno, smetto di guardare la mia minigonna e preparo a mettere sotto le scarpe il mio orgoglio femminile per un po' di rispetto verso la puntualità (maschile) che è in me. 
Insomma, loro strabuzzano gli occhi e si consultano dall'alto dei loro 8 metri (2m x 4pirla). Che gli ho chiesto? 
- Datemi i soldi e faccio tutto io.
No, non realizzerò i loro sogni erotici con una pavese esportata, ma semplicemente infilerò con tutta la decisione dell'esperienza quella gran pistolona nella loro macchina e la rifornirò finché sarà piena. Di benzina, s'intende. 




sabato 13 luglio 2013

Magnetofono istruito/34

La via di fuga è lì. Preeeego, si accomodi...

Il 9 luglio, in un momento di garbata estasi e temporanea pace con l'universo, sulla mia pagina di Facebook ho scritto questo status:
C'è ancora speranza: interrogare due studenti bravissimi che alla domanda "cosa volete fare dopo?" mi rispondono con gli occhi brillanti che vogliono insegnare a scuola ‪#‎anticrisi‬
Non avevo fumato, né mi ero drogata, se non con le polveri pesanti (appesantite dal sudore acre e virile) dei muratori che hanno portato un po' della loro maschilità davanti alla finestra della nostra aula (ma il risultato, per intenderci, non era questo). Insomma, la premessa per dirvi che quel che leggerete - che ha dell'incredibile, okay - è però per fortuna calmierato da qualche appassionato, diligentissimo, apprezzabile, studioso studente (e la forma etimologica non è mica fatta a caso). Il problema è sempre quello: che a parlare dei bravi, non si fa ridere.
Per rispetto della privacy (= per la salute dei miei pneumatici, dei miei zigomi e del mio naso già storto di natura), non farò nomi, né specificherò alcun dettaglio che possa riportare alla sessione di esami o al soggetto. Non si facciano quindi pensieri del tipo: uellà, questa li sputtana pubblicamente!, perché in realtà i signori si sputtanano pubblicamente a ogni appello, davanti ai colleghi, a me e soprattutto (ben più importante), a loro stessi. Ho finito la tirata, ho svuotato le tasche, e ben mi sta l'aforisma-calembour di Longanesi che ho messo qui sotto.

Da "Parliamo con l'elefante" di L. Longanesi

Passerà alla storia
Io: "Bene, parliamo della metrica nella Commedia dantesca. Introduca l'argomento come preferisce, e poi vediamo...".
Aitante signorina dal piglio polemico grillino: "Per metrica bisogna contare il numero di subordinate..." e una serie di altre 'monnezze che mi hanno fatto pensare che non sapesse cosa fosse la metrica e, ben più grave, un dubbio mi colse. Vuolsi così colà:
Io (sentendomi scema): "Ma, scusi, stiamo parlando di prosa o poesia?"
Lei (con piglio sempre più polemico): "Di prosa!!".
Io (gelida e sconsolata): "Prosa?! Stiamo parlando dell'opera più nota al mondo, dopo la Bibbia e il Corano...".
Lei (alzandosi): "Eh, con tutto quello che c'è in programma, non si può studiare tutto. Pretendo di parlare con il professore!".
Vi lascio immaginare la tragicomica fine di tutto ciò. Dante avrebbe approvato. Per la punizione, io avrei scelto un contrappasso degno.

Il colorito esegeta (Dante, il ritorno)
Io, sollecitando a un'analisi di Tanto gentile e tanto onesta pare prima del calo di zuccheri: "Questo 'pare' cosa significa? 'Sembra' o 'si mostra in tutta la sua evidenza?'".
Lui (non sollevando gli occhi dal testo [non c'erano note, ho controllato], come se potesse aprirsi un link di spiegazione: "La seconda".
Io (temendo che lo avesse azzeccato per lectio difficilior): "Bene, perché?".
Lui (prorompendo con tutta la vitalità che aveva probabilmente sommato in una vita e mezzo): "Perché Beatrice non è una *bagassa".
*il termine si può spiegare più o meno così per Wikipedia. Ma la risposta corretta sta nella Nonciclopedia.
Povera Beatrice, RIP.

Il contestatore (D'Annunzio vs. Leopardi)
Lui, dopo aver chiesto l'analisi stilistica e retorica di La pioggia nel pineto: "Non mi aspettavo domande di questo tipo".
Io (non avendo ancora intuito il tipo): "E' a un esame di letteratura italiana, cosa si aspettava?"
Lui: "Eh, di usare un po' di più la testa. Non queste domande qui, che poi i ragazzi stanno lì, si annoiano, appoggiano la testa sulla mano e sono tutti tristi [mimando il gesto]".
Io: "Pensi, invece si dà il caso che l'analisi testuale, a me, diverta moltissimo".
Lui: "E' questione di gusti".
Io: "Lo chieda a Contini, Mengaldo, Baldacci... E quel che è più importante: per quanto mi riguarda, non è tenuto a divertirsi, dando un esame".
Lui: "E' che pensavo di usare un po' di più la testa...".
Io (scocciandomi parecchio ma mostrando il sorriso migliore): "Ad esempio? Parta pure dal suo divertente e stimolante approccio. Poi avremo tutto il tempo di arrivare alla stilistica".
Lui: "Ad esempio, pensavo di accostare D'Annunzio a Leopardi".
Io (trattengo un sobbalzo): "In cosa?".
Lui: "C'è la natura sia qui che lì".
Io: "E quindi? Come li accosterebbe? Così facendo può andare a ripescare anche Lucrezio o l'Arcadia, non crede?".
Lui: "Per contrasto. Leopardi ha la natura matrigna".
Io: "E D'Annunzio?"
Lui: "D'Annunzio, problemi non ne aveva".
Cacciato all'istante, penserete. No, avevo voglia di divertirmi con la sua stessa arma: far usare la testa. Segue mezz'ora di interrogazione senza requie fino al ritiro spontaneo. E di stilistica, credetemi, non c'è stato bisogno di dire una parola.

Blaterando sulla priorità della lettura dei testi e sul rispetto dei loro autori, che troppo spesso sono stuprati da giovani aspiranti esegeti, me ne sono andata a farmi una seconda colazione. In realtà, avrei dovuto scacciare l'ansia da prestazione con un'ottimo ansiolitico e un'ottima prestazione.

L'ansiolitico (immagine dal web)
La prestazione (immagine dal web)





lunedì 8 luglio 2013

Magnetofono viaggiante/33

Autoscatto pre-partenza, AHO
1 LUGLIO 2013
Andata: Alitalia AHO - FCO h. 11.10
Ritorno: Alitalia FCO - AHO h. 21.25 (teoricamente; aggiungi 40 minuti accademici)



Ogni viaggio è un Magnetofono, ormai ne sono quasi certa. Attiro io le stranezze, o loro attirano me? Mistero. In ogni caso, stavo andando a Roma per una cosa importante, un'intervista a una scrittrice definita "la scrittrice inglese più famosa dopo Orwell", e insomma avevo addosso la giusta tensione.
Per fortuna, le scoperte non finiscono mai:

  • Ho scoperto che si può fare tanta coda in aeroporto anche quando i posti sono pre-assegnati; 
  • Ho scoperto che i vestiti Desigual si prestano ottimamente per essere messi al rovescio. Nella mia sindrome da altruista-non-richiesta e dall'assunto "meglio una figura di m con una persona che con un milione", mi sono avvicinata e ho detto alla ragazza: "Mi scusi, glielo dico solo perché a me farebbe piacere essere avvertita... Ha il vestito al contrario". Mi aspettavo rossore, vergogna, magari un "ma fatti i cazzi tuoi", e invece la signorina ha controllato e mi ha detto: "Oh, grazie, non ho avuto tanto tempo per rivestirmi". Per RI-vestirmi?!?!? Ogni aeroporto ha i giusti angoli segreti. Anche il personale ha amanti in ogni (aero)porto. 
  • Ho scoperto che si possono dividere allegramente i salatini di Alitalia, perché con la crisi la dimenticanza di dare un pacchetto a testa è la regola.
  • Ho scoperto che una chiacchierata piacevole può distrarre da una controvirata in extremis a Fiumicino per evitare di finire così
Io, gli euro non li butto mai, ma torno sempre
E poi, a Roma ho scoperto i superpoteri di donna in abito lungo e tacchi:
  • Puoi scavalcare una coda di 30 gitanti austriaci con zaino da 20 kg sulle spalle per prendere la navetta FCO-Termini. 
  • In gelateria davanti alla Fontana di Trevi, sarai servita prima dei turisti stranieri, con la scusa che "aho, almeno te si capisce che vvòi magnà".
  • Se finisci per caso in un set (televisivo? cinematografico?) non ti strattonano per spostarti, ma ti chiedono se vuoi partecipare. Seguito: "No grazie, sto mangiando un gelato". - "Se lo mangi così, puoi anche avere un primo piano". Conseguenza: sapere che se ti ostini a mangiare un cono con gusto, sarai subito scritturata per un film porno [e in tempi di crisi potrei sempre riprendere una vecchia canzone dai fini finissimi doppisensi - se ha venduto lui... magari la facciamo rap, che tira di più di questi tempi].
  • Se entri in un cinque stelle esclusivissimo, reggi senza problemi lo sguardo del receptionist, del facchino e anche tutto sommato del liftman _ gli addetti SPA forse no, ma è un percorso a ostacoli, ché col tacco 12 si migliora.
  • Puoi guardare spudoratamente la Nazionale di palla-qualcosa riunita a Fiumicino da sotto in su, sfruttando la frangia ciuffosa da non-so-che-guardo. 
  • Ottieni uno sconto sul parcheggio della tua macchina in aeroporto ("Che? è andata e tornata in giornata su Roma? Tschèss [esclamazione tipica], allora 4 €"). 
Non chiedetemi l'età dell'hostess. #stancadivivere
Ancora da affinare:
  • Non riesci a incontrare neanche uno dei cinque amici romani che, vedendoti registrata a Fiumicino, ti buttano lì un caffé.
  • Il volo in ritardo continua a essere in ritardo (caro Alitalia, hai capito che non sei Trenitalia? Va bene l'affetto per le compagnie di bandiera, ma non siate intercambiabili).
  • La hostess continua a sembrare centenaria; lo steward parla a singhiozzi.
  • Continuano a servirti il tè e a tornare per riprendere la spazzatura in 30 secondi (hanno, secondo voi, un'assicurazione per ustioni ugulari?).
  • Tu guardi la Nazionale e la Nazionale non guarda te.
  • Mal di piedi indomito. 
  • La vicina di posto al ritorno continua a essere una fanatica di Candy Crush Saga, che non riesce nemmeno ad aspettare che si spenga il segnale luminoso delle cinture per riaccendere l'iPhone (senza levare i suoni, ovvio, ché sono metà del piacere). 
  • Non hai spuntato un numero di telefono a cui avresti pure tenuto. 
  • La casa, al ritorno, è ancora e sempre da pulire. 
  • IlMagnetofono non si è scritto da solo, ma è toccato aspettare una settimana per trovare un momento libero.
Echi