sabato 13 luglio 2013

Magnetofono istruito/34

La via di fuga è lì. Preeeego, si accomodi...

Il 9 luglio, in un momento di garbata estasi e temporanea pace con l'universo, sulla mia pagina di Facebook ho scritto questo status:
C'è ancora speranza: interrogare due studenti bravissimi che alla domanda "cosa volete fare dopo?" mi rispondono con gli occhi brillanti che vogliono insegnare a scuola ‪#‎anticrisi‬
Non avevo fumato, né mi ero drogata, se non con le polveri pesanti (appesantite dal sudore acre e virile) dei muratori che hanno portato un po' della loro maschilità davanti alla finestra della nostra aula (ma il risultato, per intenderci, non era questo). Insomma, la premessa per dirvi che quel che leggerete - che ha dell'incredibile, okay - è però per fortuna calmierato da qualche appassionato, diligentissimo, apprezzabile, studioso studente (e la forma etimologica non è mica fatta a caso). Il problema è sempre quello: che a parlare dei bravi, non si fa ridere.
Per rispetto della privacy (= per la salute dei miei pneumatici, dei miei zigomi e del mio naso già storto di natura), non farò nomi, né specificherò alcun dettaglio che possa riportare alla sessione di esami o al soggetto. Non si facciano quindi pensieri del tipo: uellà, questa li sputtana pubblicamente!, perché in realtà i signori si sputtanano pubblicamente a ogni appello, davanti ai colleghi, a me e soprattutto (ben più importante), a loro stessi. Ho finito la tirata, ho svuotato le tasche, e ben mi sta l'aforisma-calembour di Longanesi che ho messo qui sotto.

Da "Parliamo con l'elefante" di L. Longanesi

Passerà alla storia
Io: "Bene, parliamo della metrica nella Commedia dantesca. Introduca l'argomento come preferisce, e poi vediamo...".
Aitante signorina dal piglio polemico grillino: "Per metrica bisogna contare il numero di subordinate..." e una serie di altre 'monnezze che mi hanno fatto pensare che non sapesse cosa fosse la metrica e, ben più grave, un dubbio mi colse. Vuolsi così colà:
Io (sentendomi scema): "Ma, scusi, stiamo parlando di prosa o poesia?"
Lei (con piglio sempre più polemico): "Di prosa!!".
Io (gelida e sconsolata): "Prosa?! Stiamo parlando dell'opera più nota al mondo, dopo la Bibbia e il Corano...".
Lei (alzandosi): "Eh, con tutto quello che c'è in programma, non si può studiare tutto. Pretendo di parlare con il professore!".
Vi lascio immaginare la tragicomica fine di tutto ciò. Dante avrebbe approvato. Per la punizione, io avrei scelto un contrappasso degno.

Il colorito esegeta (Dante, il ritorno)
Io, sollecitando a un'analisi di Tanto gentile e tanto onesta pare prima del calo di zuccheri: "Questo 'pare' cosa significa? 'Sembra' o 'si mostra in tutta la sua evidenza?'".
Lui (non sollevando gli occhi dal testo [non c'erano note, ho controllato], come se potesse aprirsi un link di spiegazione: "La seconda".
Io (temendo che lo avesse azzeccato per lectio difficilior): "Bene, perché?".
Lui (prorompendo con tutta la vitalità che aveva probabilmente sommato in una vita e mezzo): "Perché Beatrice non è una *bagassa".
*il termine si può spiegare più o meno così per Wikipedia. Ma la risposta corretta sta nella Nonciclopedia.
Povera Beatrice, RIP.

Il contestatore (D'Annunzio vs. Leopardi)
Lui, dopo aver chiesto l'analisi stilistica e retorica di La pioggia nel pineto: "Non mi aspettavo domande di questo tipo".
Io (non avendo ancora intuito il tipo): "E' a un esame di letteratura italiana, cosa si aspettava?"
Lui: "Eh, di usare un po' di più la testa. Non queste domande qui, che poi i ragazzi stanno lì, si annoiano, appoggiano la testa sulla mano e sono tutti tristi [mimando il gesto]".
Io: "Pensi, invece si dà il caso che l'analisi testuale, a me, diverta moltissimo".
Lui: "E' questione di gusti".
Io: "Lo chieda a Contini, Mengaldo, Baldacci... E quel che è più importante: per quanto mi riguarda, non è tenuto a divertirsi, dando un esame".
Lui: "E' che pensavo di usare un po' di più la testa...".
Io (scocciandomi parecchio ma mostrando il sorriso migliore): "Ad esempio? Parta pure dal suo divertente e stimolante approccio. Poi avremo tutto il tempo di arrivare alla stilistica".
Lui: "Ad esempio, pensavo di accostare D'Annunzio a Leopardi".
Io (trattengo un sobbalzo): "In cosa?".
Lui: "C'è la natura sia qui che lì".
Io: "E quindi? Come li accosterebbe? Così facendo può andare a ripescare anche Lucrezio o l'Arcadia, non crede?".
Lui: "Per contrasto. Leopardi ha la natura matrigna".
Io: "E D'Annunzio?"
Lui: "D'Annunzio, problemi non ne aveva".
Cacciato all'istante, penserete. No, avevo voglia di divertirmi con la sua stessa arma: far usare la testa. Segue mezz'ora di interrogazione senza requie fino al ritiro spontaneo. E di stilistica, credetemi, non c'è stato bisogno di dire una parola.

Blaterando sulla priorità della lettura dei testi e sul rispetto dei loro autori, che troppo spesso sono stuprati da giovani aspiranti esegeti, me ne sono andata a farmi una seconda colazione. In realtà, avrei dovuto scacciare l'ansia da prestazione con un'ottimo ansiolitico e un'ottima prestazione.

L'ansiolitico (immagine dal web)
La prestazione (immagine dal web)





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